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Kathmandu, giorno 10. Ho incontrato Binod Waiba, un Tamang (gruppo etnico nepalese) che, da più di una settimana vive con sua moglie e due bambini in una tenda vicono al tempio buddista di Swayambhunath. Ha 31 anni e i suoi figli, Sanjita e Bijan, ne hanno 7 e 3. La stanza dove vivevano è stata distrutta dal terremoto e il padrone di casa non gli ha ancora detto se e quando cominceranno i lavori di ricostruzione. Binod ha perso il suo lavoro, inoltre. Era un venditore di CD di canti buddisti vicino al tempio, che è stato fortemente danneggiato dalla prima scossa e ora è chiuso.
Chiedo loro di che cosa hanno più immediata necessità, li nel campo. Lui mi guarda timidamente e mi dice che la sua scorta di riso, datagli qualche giorno prima dagli operatori governativi, si sta esaurendo, e che le zanzare pungono insistentemente i bambini durante la notte. Usciamo dal campo immediatamente per entrare nel primo “supermarket” (si fa per dire) che incontriamo: troviamo olio, sale, riso, pane, lenticchie, cibo per bambini, e repellente per le zanzare. Torniamo da Binod con questo primo piccolo carico, con la promessa di tornare a visitarli presto, portando più provviste da condividere con le altre famiglie accampate.
Si inchinano e dicono arrivederci con un sorridente “namaste”.