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L’ emergenza Covid-19 ha fermato i nostri test, ma non la nostra voglia di rimanere connessi

#distantimauniti i nostri tester per le Alpi ci raccontano com'è vissuta l'emergenza nelle loro aree

Letizia Scritto il
da Letizia Ortalli

Outdoortest festeggia quest’anno il suo decimo compleanno, in questi anni abbiamo svolto una miriade di test su tutto l’arco alpino. Abbiamo visto luoghi bellissimi e avuto la fortuna di testare l’attrezzatura più disparata grazie al prezioso aiuto dei nostri tester. La famiglia di outdoortest è composta di appassionati, esperti e professionisti del settore montagna che vivono o lavorano dislocati su tutte le Alpi, due volte all’anno ci troviamo per le nostre sessioni di test, momenti importantissimi per il team, di scambio di opinioni e di condivisione.

L’emergenza per il COVID-19 ha fermato momentaneamente i nostri test prodotto per il prossimo inverno, ed in questo articolo, scritto in un momento difficile per tutti, abbiamo cercato di raccogliere le impressioni di alcuni di loro che si trovano in aree diverse delle Alpi ed anche oltreoceano:

Simone è la new entry del team, con noi da un anno e mezzo, ma con il quale abbiamo già condiviso moltissimi momenti, si trova a Livigno e ci racconta così quello che sta vivendo: “Fin dall’inizio dell’emergenza, quando la Lombardia era ancora considerata zona gialla, a Livigno c’è stato subito un importante calo di presenze. La maggior parte del turismo qui è straniero e molte nazioni sconsigliavano fin da subito di intraprendere viaggi oppure venivano sottoposti a quarantena obbligatoria al rientro.

La settimana del 2 marzo, prima che venisse attivato il DPCM del 11 marzo, le strutture erano tutte funzionanti nel rispetto delle norme ma le presenze erano drasticamente al di sotto della media. Il colpo più grosso è arrivato la mattina di domenica 9, dall’estensione della zona rossa a tutta la lombardia. Impianti chiusi, spostamenti limitati, limiti di orari, ecc. I pochi stranieri “coraggiosi” arrivati il sabato sono stati invitati a lasciare il paese, che piano piano ha chiuso tutte le attività.

Questa emergenza ha dato un duro colpo a tutti, non è finita e non sappiamo quando finirà. Ora l’intero sistema è guasto, si dovrà ritrovare un nuovo equilibrio per riportarci ad una situazione di normalità. Ci saranno conseguenze sociali e politiche, difficili da immaginare. Per l’aspetto economico c’è preoccupazione ma siamo italiani, “Mater artium necessitas”, ce la caveremo.

Personalmente vivo questa situazione con preoccupazione, sopratutto per ciò che riguarda la salute delle persone a me care. Quindi precauzioni al massimo già dall’inizio del mese”.

Simone Confortola

Francesca è il nostro Accompagnatore di Media Montagna del lago di Como, fondatrice di hikingcomolake.com.

“La situazione per noi accompagnatori del lago è drammatica, purtroppo il turismo è stato il primo settore che ha subito le ripercussioni di questa pandemia. Già quando è uscita la notizia del primo caso in Italia abbiamo iniziato ad avere le prime disdette, per i mesi di marzo e aprile, che per noi rappresentano l’inizio della vera stagione lavorativa. I grandi alberghi della zona hanno posticipato tutti l’apertura da metà marzo, verso la prima decade di aprile, anche se la situazione è in evoluzione e non si sa se effettivamente riapriranno, ma sopratutto quando riapriranno.

Avevamo riposto buone speranze nella stagione estiva anche perché l’inverno era stato più movimentato del solito. Pensando all’estate è ancora difficile fare previsioni, nel nostro caso, se fino a settimana scorsa qualche mail di prenotazione ed interessamento arrivava, adesso le richieste sono nulle. C’è talmente tanta incertezza su questa situazione che è davvero difficile fare previsioni.

Noi lavoriamo moltissimo con i turisti stranieri, adesso bisogna capire come la pandemia si svilupperà a livello mondiale. Se la situazione in Italia dovesse calmarsi e ci permettesse di tornare ad una semi-normalità penseremo magari di incentivare di più la nostra attività sul turismo italiano e non più straniero. Purtroppo al momento non ci sono elementi certi su cui valutare la situazione”.

Francesca Mai a Finale Ligure per i test di trail running
Francesca Mai a Finale Ligure per i test di trail running

Elsa, è anche lei Accompagnatore di Media Montagna, con sede in alto lago di Como, a Traona, al momento si trova a El Chalten in Patagonia Argentina, dove lavora come guida escursionistica con gruppi di turisti da tutto il mondo.

“La situazione a El Chalten, e in Argentina è in via di evoluzione, anche se non ancora grave come in Italia. Io qui guido gruppi di stranieri sui sentieri e nei trekking dei parchi. Il lavoro inizia a scarseggiare, perché tanti voli per El Calafate, l’aeroporto più vicino, sono stati cancellati e sembra che a breve chiuderanno anche il parco nazionale agli escursionisti. Le guide stanno rimanendo senza lavoro, si tratta dell’ultimo mese e mezzo per poi ripartire con la stagione invernale a Bariloche, dove probabilmente ci saranno maggiori problemi.

Per il momento sono stati verificati una trentina di casi, tutti stranieri, ma bisogna anche considerare che qui è estate e come sostiene qualcuno, la diffusione potrebbe essere più difficile. Ad ogni modo, sono iniziate delle misure preventive, hanno iniziato a chiudere le scuole. In città è cambiato un pò il modo di relazionarsi delle persone, gli argentini solitamente sono molto affettuosi nei saluti, si baciano spessissimo, e sembra che anche loro inizino a tenere le distanze, compaiono i primi disinfettanti. Ieri è uscito un decreto che sospende i voli da Europa e Stati Uniti. Io avevo un volo per il 28 di marzo, ma ci sono continue cancellazioni e non so se riuscirò a tornare in Italia”.

Chiara è la nostra istruttrice e allenatrice di sci e fisioterapista, vive a Lugano in Svizzera, ma il suo lavoro da maestra di sci la porta a muoversi spesso sulle Alpi svizzere.

“La confederazione ha emanato una serie di regole per chiudere tutti i luoghi di ritrovo per lo svolgimento delle attività sportive, come palestre piscine, centri sportivi, impianti sciistici. Per noi sono i primi giorni di isolamento e si nota già che c’è molta meno gente in giro, non c’è panico, io abito in un piccolo paese fuori da Lugano, in cui non si notano ancora grandi differenze.

I giovani si sono attivati per aiutare la comunità facendo la spesa agli anziani. Per quanto riguarda i corsi di formazione dello sci, è stato tutto interrotto, anche le attività di allenamento del comitato ticinese sono ferme fino al 4 aprile, in Grigioni invece hanno vietato tutte le attività sportive fino al 30 aprile.

In Ticino ci sono tantissimi lavoratori frontalieri, si parla di 70.000 persone che ogni giorno varcano il confine, e con le nuove direttive, i passaggi alle dogane sono notevolmente diminuiti, si parla di 40.000 persone in meno, o forse anche di più”.

Andrea è il nostro giornalista esperto di ciclismo e di sci, vive a Chamonix, una delle ultime zone delle Alpi a chiudere gli impianti sciistici, il 15 marzo. Da sabato 14 anche la Francia ha chiuso tutte le attività e gli impianti sportivi.

“La situazione fino al 14 è stata tranquilla e normale, si sapeva che la situazione al di là del tunnel era differente, anche se apres ski e bar sono sempre stati pieni. Una vera variazione si è notata a livello turistico, a Chamonix ci sono moltissimi turisti inglesi e americani, ma con il fatto che voli e dogane sono chiuse ci sono state diverse disdette. Nelle giornate di bel tempo gli impianti erano pieni.

Casi ce ne sono stati pochissimi, quello che ha suscitato più scalpore è stato a gennaio a Les Contamines, una famiglia che però non ha creato allerta in zona. Dopo il decreto del 14, hanno chiuso tutti gli esercizi commerciali, palestre ed impianti, di turisti non ce ne sono più.”

Andrea Sabbadin a Riccardo Stacchini verificano il materiale fotografico
Andrea Sabbadin a Riccardo Stacchini verificano il materiale fotografico

Riccardo è uno dei nostri tester storici, maestro di sci, originario di San Marino, lavora come maestro tra St.Moritz ed il Trentino. La sua testimonianza è del 12 marzo, due giorni dopo la situazione in Svizzera è cambiata ed è stata ordinata la chiusura di tutte le attività commerciali, impianti compresi.

“Ho lavorato in Svizzera le 2 settimane di carnevale nella Scuola Sci Speciale con cui collaboro da 13 anni. La clientela è per la maggior parte milanese, diverse famiglie hanno una casa di proprietà e, con la diffusione del virus in Lombardia, in tanti hanno deciso di non rientrare in Italia, soprattutto per il fatto che le scuole erano chiuse. Ho quindi prolungato la mia permanenza a St.Moritz dato che abbiamo lavorato con i bambini per ulteriori 10 giorni. 

La scuola di sci per cui lavoro è stata molto attenta affinché maestri, bambini e genitori adottassero le dovute precauzioni per evitare ogni possibilità di contagio, visto ciò che stava accadendo in Lombardia e soprattutto per la noncuranza della Svizzera, per una epidemia che ancora non li aveva toccati. 

Durante le lezioni abbiamo cercato di evitare che i bambini stessero troppo vicini, che si abbracciassero, escludendo le risalite su impianti chiusi, favorendo le seggiovie aperte ed evitando di entrare nei rifugi. Successivamente abbiamo accorciato le lezioni terminando alle 13:30, per evitare di mangiare insieme in rifugio.

Le indicazioni ci sono state date dal direttore della Scuola Sci, molto attento e preoccupato della salute nostra e dei clienti dato che sua moglie è medico ed impegnata in prima linea in ospedale in Lombardia. La scuola sci ha poi chiuso l’11 marzo di sua iniziativa nonostante non abbiamo mai avuto contagiati, sia fra i maestri che fra i clienti, anticipando una auspicata azione dello stato svizzero (azione che arriverà solo il 14 di marzo). 

Intanto arriva voce di qualche contagio nei Grigioni, ma gli svizzeri continuano tutto senza restrizioni. L’11 marzo ho sciato in solitaria sul Diavolezza, in Funivia eravamo abbastanza stipati senza mascherine, e chi l’aveva, veniva guardato male..

Il Ticino è stato il cantone che per primo si è attivato, lì hanno chiuso le scuole ed i controlli in Dogana sono più serrati. Nei Grigioni niente, si è continuato a sciare, con bar e locali aperti, come se il virus fosse esclusività degli italiani.

Penso che a breve la situazione degenererà anche qui, il virus viaggia velocemente tramite gli spostamenti delle persone. Spero che questa crisi sanitaria finisca presto con danni limitati, in Italia, Svizzera e in tutto il mondo, e che questo stop forzato alla libertà delle persone possa servire per fare un reset da una vita spesso frenetica, facendoci apprezzare ogni istante in cui possiamo essere felici e in salute”.


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