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Antonio Dus, AD Tecnica Group

L'amministratore del Gruppo Tecnica, Antonio Dus
L’AD Tecnica Group Antonio Dus

ODT. Nel settembre del 2015 assume la carica di AD del Gruppo, con l’incarico di guidare la transizione dell’azienda dall’assetto familiare a quello manageriale. Che situazione si è
trovato a gestire?

AD. Quando sono arrivato ho trovato un’impostazione in larga parte già manageriale; mi hanno preceduto Peter Weaver e Alberto Zanatta nel ruolo di AD e la situazione era già ben organizzata. Il ruolo dell’imprenditore del fondatore, Giancarlo Zanatta, si sente, è un punto fermo nelle dinamiche aziendali e rappresenta l’essenza imprenditoriale. Nelle mie precedenti esperienze, il ruolo dell’imprenditore è stato sempre vissuto in maniera importante e positiva perché rappresenta quell’attenzione verso la crescita del lungo termine, la visione, che è forse più tipica dell’imprenditoria privata che non della proprietà diffusa. Meno attenzione alle trimestrali di cassa, ma più attenzione al valore del brand per fare un esempio. E’ chiaro che questo deve essere messo insieme alla meritocrazia manageriale, perché il sistema funzioni imprenditoria e managerialità non sono mutualmente esclusive, se convivono fanno il successo dell’azienda. E’comunque sempre un lavoro di squadra ognuno con il proprio ruolo, ma il manager ci mette il metodo, la visione più razionale, l’organizzazione, l’imprenditore ci mette il coraggio.

Nel reparto R&D di tecnica con Antonio Dus
L’intervista nel reparto R&D di Tecnica

ODT. Tecnica è il più grande gruppo nello Sport System italiano, uno dei maggiori in Europa. Quali sono i suoi punti di forza?

AD. Tecnica Group è un’azienda dai marchi iconici dall’enorme potenziale. Il fatto di averli tutti insieme ha sicuramente creato una notevole complessità organizzativa. L’obiettivo deve essere quello di semplificare, passando a un’organizzazione più semplice e maggiormente orientata al consumatore. Tre gli obiettivi di fondo: semplificare, concentrarsi sull’utilizzatore finale e puntare sull’eccellenza di prodotto. Eccellenza di prodotto è da sempre stato il punto di forza di tutti i marchi del gruppo ed è il fil-rouge del nostro piano 20-20 che abbiamo definito per il 2020. A livello corporate, abbiamo definito le macro strategie che poi sono state declinate specificatamente brand per brand, sul lato organizzazione, sul lato processi e sul lato mercato. I tempi sono immediati: abbiamo dedicato i primi 3 mesi alla parte di analisi strategica, abbiamo ridefinito la mission, la vision e i valori dell’azienda e da Gennaio siamo andati in applicazione, quindi stiamo implementando adesso tutta una serie di iniziative, la maggior parte delle quali si concretizza nel 2016 e i risultati si cominceranno a vedere già a fine anno e soprattutto sul 2017.

ODT. Il Gruppo è come una scuderia con cavalli di razza e purosangue. Chi sono gli uni e gli altri tra i marchi posseduti, e quali le loro caratteristiche?

AD. Abbiamo solo marchi vincenti, anche se in stadi evolutivi e di crescita diversi. LOWA numero uno nei paesi di lingua tedesca: qualità, affidabilità assoluti, grande potenzialità sia in termini di estensione geografica che di gamma di prodotti. NORDICA, era il numero uno, ha preso delle bastonate, nel 2011, nel 2012, quadro macroeconomico, inverni poco nevosi; quest’anno è ripartito alla grande, lo Speedmachine è un “cioccolatino”, come lo chiamano in azienda. TECNICA e BLIZZARD che per noi vanno spesso insieme, brand di eccellenza tecnica, cosa da specialisti, da montagnini, si punta alla nicchia, alla nicchia tecnologica, all’utilizzatore esperto. Mercato più piccolo ma eccitante. ROLLERBLADE numero uno. Sinonimo assoluto di skating, di in-line skating, sicuramente un mercato maturo dove abbiamo deciso di puntare sull’innovazione. MOON BOOT è il mercato sogno di qualsiasi calzaturiero. Moon Boot ha la mia età, è in forma, durerà a lungo. Brand mono prodotto, destro uguale a sinistro, solo quattro taglie, un’icona venduta negli anni d’oro 1 milione di paia nell’anno. Il doposci non esiste più, il mercato è cambiato e Moon Boot si sta spostando in nicchie più luxury, più urban, più lifestyle e le capsule che sono state elaborate con Jimmy Choo e SGM sono due esempi della direzione futura.

Antonio Dus in fabbrica
Antonio Dus in un reparto della fabbrica

ODT. Inverno o estate? Sci o outdoor? Oggi più che mai la domanda è legittima, con i cambiamenti climatici che mettono a dura prova i mercati. Come affronta questa congiuntura il Gruppo Tecnica?

AD. Destagionalizzare è un obbligo. Con 350 milioni di fatturato non vogliamo, non possiamo dipendere totalmente dalla neve. ROLLERBLADE, LOWA E TECNICA OUTDOOR sono prevalentemente estivi e stiamo investendo molto, soprattutto su Tecnica Outdoor. Abbiamo programmi ambiziosi, nuova squadra, investimento, idee e sicuramente quello è il cavallo su cui stiamo puntando per il futuro. Abbiamo un enorme potenziale con i brand attualmente in portafoglio. In questo senso va vista anche la cessione strategica di DOLOMITE, che rientra nell’idea di fare meno cose e meglio: less is more.

 

 

ODT. Tecnica Group è stato tra i primi a sbarcare in Cina, più di 10 anni or sono, con una propria sede ufficiale. Come si è evoluto quel mercato? Rimane esclusivamente uno dei luoghi dove produrre ottimizzando i costi, o è diventato significativo anche in termini di vendite?

AD. Su tanti aspetti Tecnica si è mossa presto, si è mossa in anticipo. La filiale negli USA, in Giappone, la produzione nell’est Europa, sicuramente molte anteprime tecnologiche e anche la Cina è stata sicuramente una delle mosse in anticipo del gruppo. La filiale cinese è una filiale direttamente dedicata alla Cina come mercato di destinazione, quindi non si occupa di sourcing. Tutto il nostro settore quando siamo partiti per la Cina si aspettava dei numeri importanti fin dall’inizio, cosa che non avvenuta. NORDICA oggi è il numero uno sul mercato cinese e, tutto sommato, sulle proporzioni del gruppo sono numeri piccoli. Anche le crescite sono crescite a cifra singola, anche se alta. Succederà, noi ci crediamo, ma ci vorrà ancora tempo.

Prove audio per l'intervista a Antonio Dus
Prove audio durante l’intervista

ODT. Negli ultimi anni si è parlato spesso di reshoring, del ritorno in Italia della produzione. È’ un fenomeno seriamente in atto, oppure un pio desiderio?

AD. E’ una questione complessa e variegata che va vista a seconda delle diverse tipologie di prodotto, più che di brand. LOWA è oggi 100% made in Europe per una scelta strategica e di posizionamento, quindi è proprio una cosa che è stata definita nella strategia di quel marchio. Per sci e scarponi invece è una questione di supremazia tecnologica di know how. Oggi quelle tecnologie sono disponibili solo in Europa. Invece per skate e running è esattamente il contrario, cioè siamo in Asia. La produzione è lì e non rientrerà. Le produzioni asiatiche sono migliori delle produzioni europee. Ci sono, nel nostro portafoglio, alcuni prodotti che possono essere al limite ma la nostra idea è sempre quella di pensare a made in TECNICA GROUP, made by TECNICA, più che made in Asia o made in Italy o made in Europe. Siamo noi a garantire la qualità e la progettazione e la produzione. Di fatto c’è il nostro nome sopra, quella è la garanzia.

 


ODT. Tra i brand del Gruppo c’è sempre stata collaborazione, ma anche competizione e rivalità. Come può un’azienda moderna, che intende consolidare la sua leadership mondiale, amalgamare le diverse anime e renderle sinergiche?

AD. Noi crediamo decisamente nel lavoro di squadra. Tra TECNICA e NORDICA non c’è nessuna concorrenza, abbiamo strategicamente deciso di direzionare i prodotti verso consumatori con profili diversi. NORDICA pista, la sciata, i paletti, la famiglia. TECNICA decisamente più montagnino, più specialista. Condividiamo la ricerca sviluppo nella quale evidentemente seguiamo direzioni diverse, ma utilizzando le stesse risorse di fabbrica, la stessa qualità, gli stessi sistemi, ma i consumatori di riferimento sono decisamente diversi.

ODT. Ci può parlare del contesto geo-economico in cui Tecnica Group è nato e si è sviluppato, e della sua situazione attuale?

AD. Il distretto industriale calzaturiero di Montebelluna ha sicuramente sofferto di una mancanza di visione, non di tipo puntuale, non sulla singola azienda, ma di tipo sistemico. Da qui passa ancora il 90% della ricerca e sviluppo dello scarpone da sci e ci passano sicuramente le soluzioni più innovative. Qui i grandi colossi dello sport vengono a fare le retate di talenti soprattutto in termini di know-how, di tecnicità, di manualità, perché sono profili professionali che sono nati con la fabbrica in fianco, che hanno imparato a sentire l’esigenza del consumatore da una parte e di prevenire tutti quelli che sono i problemi dell’industrializzazione nel momento in cui il prodotto fa il passaggio in produzione. E sono profili rari. Quello che è mancato è stata la scuola. Una scuola che riuscisse ad abbinare questo know-how tecnico a una professionalità di tipo manageriale che è sempre più necessaria in un mondo così competitivo. E inoltre il distretto di Montebelluna ha fatto fatica a trattenere questi talenti perché il sistema ha mostrato il limite di un’organizzazione interamente basata sulla figura forte, intuitiva, molto geniale del fondatore, ma che ha investito meno sugli aspetti di managerialità e del fare squadra. Le nuove generazioni non sono più fatte solo di sacrificio e obbedienza e di passione per il prodotto. Hanno bisogno di condividere una visione del mondo, del prodotto, del consumatore. Oggi le aziende che vinceranno saranno quelle che daranno attenzione a chi riesce a fare il bello e il brutto tempo in azienda, che sono i collaboratori, tutte le persone che dedicano il loro impegno nella costruzione del successo di un brand.

Il ditro le quinte dell'intervista a Antonio Dus
Il backstage dell’intervista in fabbrica

ODT. Dopo oltre 6 mesi da Ad del Gruppo, si aspettava quello che ha trovato sul suo cammino?

AD. Riconfermo quella che è stata la mia impressione iniziale. Ho trovato una situazione molto migliore di quello che mi aspettavo. Soprattutto ho trovato una squadra solida, un management di spessore, una situazione di prodotto decisamente cambiata da quello che uno può vedere quando è fuori dall’azienda. Adesso vedo un anno, due anni avanti nelle collezioni e le vedo decisamente solide. Quindi mettere a punto la visione 20-20 da condividere con il resto del management è stato, tutto sommato, un esercizio facile. Le difficoltà ci sono, saranno legate agli andamenti di mercato, all’andamento climatico, alle necessità anche interne di snellire l’organizzazione, di renderla più veloce, più vicina al consumatore.

 

ODT. Più difficoltà o soddisfazioni? Lo rifarebbe?

AD. Essere alla guida di questo Gruppo per me è da una parte positivo da un punto di vista personale, professionale, sono anche rientrato nel mio luogo di origine, da un punto di vista professionale, dall’altra parte c’è il grande orgoglio di fare parte di un insieme di brand così importante che hanno caratterizzato, che hanno dato forma al mercato invernale, al distretto calzaturiero di Montebelluna. E c’è anche, soprattutto direi, il senso di responsabilità rispetto al terzo gruppo mondiale di marchi dedicati al winter, alle 1400 persone impiegate in tutto il mondo. Le prime soddisfazioni sono arrivate presto, c’è anche l’entusiasmo del primo momento, di vedere subito le cose che accadono, che funzionano. Quindi sicuramente lo rifarei.

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