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Kazakistan in bici: dove il deserto incontra l’ospitalità.

Un viaggio nel Mangystau tra sabbia, vento e umanità.

Riccardo Stacchini Scritto il
da Riccardo Stacchini
Kazakistan in bici, un'esperienza oltre la realtà.
Kazakistan in bici, un’esperienza oltre la realtà.

Sognavo da tempo un viaggio in bici davvero fuori dal mondo, e il Kazakistan occidentale, regione del Mangystau, sembrava perfetto: remoto, poco esplorato, duro. L’itinerario era pressoché stabilito da casa. Alla fine abbiamo pedalato 950 chilometri di asfalto, sterrato e vento, in sella alla mia gravel, con tenda, fornello e tanta voglia di avventura.

Un team animato dalla passione.
Un team animato dalla passione.

Con me, quattro amici con la stessa passione: Paolo, Stefano, Antonio e Denis. Cinque teste e cinque bici cariche, la mia con un set completo VAUDE, partner tecnico del mio viaggio (e mai scelta fu più azzeccata, ma ci torno dopo).

Pozzi petroliferi, condotte e camion...
Pozzi petroliferi, condotte e camion…

Benvenuti su Marte (ma col gas)

Atterriamo ad Aktau, città nata dal nulla sulle sponde del Mar Caspio, costruita per estrarre uranio e gas. Sembra il set di un film post-apocalittico: pozzi petroliferi, condotte gialle che attraversano la strada come serpenti metallici. Eppure… mi affascina. È autentica. Senza fronzoli. Come la gente che ci vive.

Vento contrario fin dalle prime pedalate...
Vento contrario fin dalle prime pedalate…

Da qui iniziamo a pedalare verso est. Il vento contrario ci stronca, costringendoci a chiedere un passaggio a un camioncino. Si ferma subito, torna indietro in retromarcia. Caricano noi e le bici, ci offrono acqua e rifiutano qualsiasi pagamento. Primo incontro con la generosità kazaka, che ci accompagnerà per tutto il viaggio.

Una notte in Moschea, con tutti i comfort.
Una notte in Moschea, con tutti i comfort.

Dormire in moschea, mangiare in bottega

A Zhetybay cerco un pasto senza carne (sono vegetariano, e non è facile qui). Troviamo invece un letto inaspettato:

Venite a dormire nella moschea”, ci dicono. Foresteria perfetta, tappeti puliti, acqua e doccia condivisa con i fedeli. Non accettano soldi: “è contro Dio”.

La curiosità e la simpatia dei bambini nei confronti di noi "turisti".
La curiosità e la simpatia dei bambini nei confronti di noi “turisti”.

Più avanti, a Janaozen, ci offrono torte, cioccolata, sorrisi. Un panettiere ci riempie il portapacchi di dolci. I bambini ci chiedono foto, i vecchi citano Celentano, Pausini, Toto Cutugno. Ci chiedono se siamo “turisti”, ma sembra non abbiano ancora chiaro cosa significhi. Ogni sosta è uno scambio umano. Ogni pedalata, un’immersione.

La mia gravel completamente equipaggiata Vaude.
La mia gravel completamente equipaggiata Vaude.

Equipaggiamento VAUDE – testato (davvero) sul campo

Per affrontare questo viaggio ho scelto il set da bikepacking di VAUDE, fornito da Panorama Diffusion. È stato il mio secondo telaio, affidabile in ogni situazione.

Cosa ho usato:
  • VAUDE Proof Back TR Single Muster – Le borse posteriori: impermeabili, capienti, mai un problema.
  • VAUDE Trailframe II – La borsa da telaio centrale: stabile e intelligente per distribuire i pesi.
  • VAUDE Trailfront II + Compact – La combo sul manubrio: perfetta per tenda e accessori.
  • VAUDE Trailpack II – Lo zaino: comodo anche a piedi, mai ingombrante.
Cosa mi è piaciuto:
  • Nessuna infiltrazione, nemmeno nella sabbia o sotto vento a 70 km/h
  • Sistemi di aggancio sicuri e pratici
  • Organizzazione ottimale del carico
  • Materiali solidi ma leggeri

Unico avviso: se troppo piena, la borsa compatta da manubrio può interferire lateralmente con i comandi della bici.

Voto finale:

“Dopo 950 km nel deserto, posso dirlo: il set VAUDE è stato parte integrante del mio corpobici.”


I signori del deserto.
I signori del deserto.

Nel prossimo episodio:

Racconto la notte nel nulla della Valle di Bozzhyra, l’incontro con i cammelli, i deserti sotto le stelle e la montagna di Bokty, impressa sulle banconote kazake. Un viaggio dentro il viaggio.


 

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