Quando pensiamo a un arrampicatore ci figuriamo qualcuno con in testa un caschetto e addosso un imbrago legato a una corda. Eppure l’arrampicata non è solo questo perché il gesto, il movimento è racchiuso, e talvolta trova la sua massima espressione, anche in scalate molto brevi di pochissimi metri, che non richiedono alcun tipo di equipaggiamento se non le scarpette da arrampicata. Questo si intende quando si parla di bouldering, che è l’arrampicata sui boulder o, per dirla in italiano, sui sassi. Ci siamo fatti spiegare che cos’è, da dove arriva e quali scarpette meglio le si addicono da Pietro Dal Pra, fortissimo scalatore, Guida alpina e ambassador La Sportiva.
“Il bouldering è un’attività che esiste da sempre. Già negli anni ’30 gli alpinisti avevano capito che per allenarsi valeva la pena arrampicare a pochissimi metri da terra e fare lì passaggi difficilissimi, per prepararsi sia dal punto di vista tecnico sia dal punto di vista fisico alle difficoltà che poi incontravano in parete. Il bouldering è un’arrampicata sui boulder, ovvero dei massi alti pochi metri, in cui si punta al raggiungimento della difficoltà massima. Si fa senza corda, utilizzando dei materassoni su cui si può eventualmente anche cadere.
Inizialmente era stato concepito come un mezzo subordinato e propedeutico all’arrampicata in montagna, poi si è cominciato a pensare al bouldering come attività a se stante, molto impegnativa anche se ludica.
Quella su boulder è un’arrampicata che ci mette di fronte a passaggi singoli e difficilissimi. Non servono doti di grande resistenza fisica, ma piuttosto di tecnica e di forza esplosiva. Appunto per questo, il termine è stato poi traslato nell’arrampicata sportiva e in montagna per indicare dei passaggi brevi e molto intensi.
Se analizziamo il fattore della lunghezza, più una parete è lunga più comporta il tenere addosso le scarpette per molte ore, più di conseguenza le scarpette devono essere comode. Sul boulder invece, come nell’arrampicata sportiva strapiombante, si utilizzano scarpette molto morbide e quindi molto sensibili.
La sensibilità delle scarpette ci permette di riuscire a sentire con il piede l’appoggio su cui siamo. La sensibilità a volte è inversamente proporzionale alla rigidità, che è invece la qualità delle scarpette che ci permette di stare in piedi su un appoggio anche relativamente piccolo e avere un aiuto nella portanza del nostro peso. Se mettiamo 30 kg su un piccolo appoggio, una scarpetta rigida ci aiuta a sostenere il nostro peso, a scapito di una sensibilità a quel punto ridotta. Più l’arrampicata diventa breve e strapiombante (quindi che va oltre la verticale) come succede nel bouldering, meno diventa importante che la scarpetta spinga il nostro peso verso l’alto, mentre al contrario diventa prioritaria la sensibilità: sentire cioè, cosa abbiamo sotto il piede e avere la possibilità attraverso una scarpa morbida di spalmarlo sulle diverse forme degli appoggi”.