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Libri di montagna: dieci titoli per vivere una vita in più

La nostra selezione di letture di montagna, alpinisti e racconti di una vita vissuta al massimo

Letizia Scritto il
da Letizia Ortalli

“Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito … perché la lettura è un’immortalità all’indietro.”

Ed è con questa bellissima citazione di Umberto Eco, che vogliamo introdurvi al mondo delle letture di montagna, di cui abbiamo selezionato una lista di dieci libri di montagna che più ci hanno appassionato. Questi libri vi daranno la possibilità di entrare nella vita di uomini che hanno amato la montagna al punto di sacrificare la propria esistenza, con gioie e dolori da vivere con il fiato sospeso e godendo appieno di tutto ciò che aveva da offrire. Ed anche se state leggendo dal divano di casa, vi invitiamo a sognare con noi, vivremo una vita in più, o forse dieci.

Libri di montagna
Eravamo immortali, Manolo

Eravamo immortali di Maurizio Zanolla “Manolo”

Manolo. Il Mago. O, semplicemente, Maurizio Zanolla. Un ragazzo cresciuto in un ambiente che vedeva le montagne solo come fonte di pericoli, e che un giorno, quasi per caso, ha scoperto il fascino della roccia. Un mondo verticale retto da regole proprie, distante da costrizioni e consuetudini della società, capace di imprimere una svolta al suo destino. Così, al rumore della fabbrica e a una quotidianità alienante si è sostituito il silenzio delle vette. Uno dei più grandi scalatori italiani e internazionali, che ha contribuito a cambiare per sempre il volto dell’arrampicata, racconta per la prima volta come ha scelto di affrontare le pareti alleggerendosi di tutto, fino a rifiutare persino i chiodi. Nella convinzione che la qualità del viaggio fosse più importante della meta, e che ogni traguardo portasse con sé una forma di responsabilità. La famiglia, gli affetti, le esperienze giovanili, gli amici delle prime scalate, le vie aperte spesso in libera e in solitaria, il tentativo di conquistare gli ottomila metri del Manaslu, fino a “Eternit” e “Il mattino dei maghi”: Maurizio Zanolla ripercorre gli anni – tra i Settanta e gli Ottanta – che l’hanno portato alla celebrità. Non un elenco di scalate, o delle vie più difficili, ma l’affresco delle esperienze più significative, più intense e toccanti, di una vita vissuta alla ricerca dell’equilibrio.

Libri di montagna
Push di Tommy Caldwell

I libri di montagna – Push di Tommy Caldwell

Il 14 gennaio 2015 Tommy Caldwell, insieme al compagno Kevin Jorgeson, ha salito in diciannove giorni quella che è considerate la via più difficile in tutta la storia dello Yosemite: la Dawn Wall, una parete quasi verticale di quasi 1000 metri. L’incredibile impresa di Caldwell rappresenta il culmine di una carriera tutta tesa a superare i suoi limiti come atleta e climber.

Push è la storia appassionante del percorso compiuto da un ragazzino con un padre guida alpina determinato a instillare nel figlio la sua tenacia e la sua passione per la montagna. È la storia di un adolescente con una vera e propria «ossessione» per l’arrampicata, che lo porta ai vertici del circuito. Ma il richiamo dell’avventura estrema ben presto spinge Caldwell verso il mondo vertiginoso e ben poco conosciuto delle Big Wall, le pareti strapiombanti da salire in libera. Una scelta rischiosa dal punto di vista sportivo e non solo: poco più che ventenne, infatti, mentre si trova nelle montagne del Kirghizistan viene rapito da una banda di terroristi e si salva per miracolo; non molto tempo dopo perde l’indice sinistro in un incidente e, successivamente, viene lasciato dalla moglie e dal suo abituale compagno di cordata. Ma Caldwell supera queste avversità con rinnovata determinazione. Il suo obiettivo diventa la più grande, ripida, liscia parete di El Capitan: la Dawn Wall. Per ben sette anni Caldwell ci prova senza arrendersi: sette anni in cui ridefinisce i limiti di uno sport, ritrova l’amore e ha un figlio. Sette anni per arrivare a un successo straordinario. Push racconta una storia vera di motivazione, resistenza e di trasformazione.

Libri di montagna
gliarchiviritrovati di Miotti

Gliarchiviritrovati di Giuseppe “Popi” Miotti

Una inattesa fotografia del passato ha fatto nascere questo libro che, attraverso le esperienze e le avventure, non solo alpinistiche, dell’autore, è anche il resoconto di un “Tempo” del quale si è quasi persa la memoria e che qui è in parte riportato alla luce da vecchie immagini, disegni, racconti e aneddoti.

Dalle scalate con i ‘rigidones’ – gli scarponi rigidi anni ‘60 – alla grande rivoluzione di tecniche e di idee del Nuovo Mattino e del Sassismo, fino alla piolet traction e ai giorni nostri, uno spaccato storico arricchito anche dalla testimonianza di alcuni dei protagonisti di una delle epoche più feconde e vivaci dell’arrampicata e dell’Alpinismo italiani.

Uno spiccato spirito innovativo venato di una “sana” provocazione e un’innegabile longevità creativa sono forse gli aspetti salienti dell’alpinismo di Giuseppe ‘Popi’ Miotti. Un alpinismo a 360° il suo, come dimostra il curriculum di questo valtellinese nato a Sondrio nel 1954, laureato in agraria, Guida alpina e socio del prestigioso Alpine Club di Londra.

Il “catalogo” delle sue esperienze è ricco e vario, ma il nome di Miotti è indissolubilmente legato alla grande stagione del Sassismo i cui rappresentanti seppero mostrare la loro valentia non solo in quel “laboratorio del gesto” che fu la Val di Mello, ma anche in imprese alpine. È il 1978 quando ‘Popi’ supera lo “storico” passaggio di “Goldrake”, seguito pochi anni dopo dall’ancor più difficile “Nipote Goldrake” (7b), ma con Guido Merizzi apre anche la via “Soli di ghiaccio”, tutta in clean climbing e arrampicata libera: un punto d’arrivo e al tempo stesso di partenza per le decine, centinaia di giovani che giungono in valle attirati dai “nuovi mattini” dei Sassisti.

libri di montagna
La paura, la tua migliore amica, Huber

La paura. La tua migliore amica. Alexandeer Huber

«La paura ci incita, ci protegge, ci ammonisce, ci frena, ci guida. Posso considerarla un sentimento positivo? In che misura è un’esperienza di vita intensa e necessaria? E in che modo le mie paure mi procurano una maggiore libertà e autonomia? Sono domande alle quali possiamo rispondere anche senza praticare degli sport estremi, ma abbandonando, ciascuno secondo le proprie possibilità, la cosiddetta «comfort zone» per assumersi dei rischi. In questo modo potremo affrontare la paura che insorgerà in noi, e riusciremo a rendere più intensa e ricca la nostra vita.»

Paura e coraggio vanno a braccetto nella vita di un alpinista: è questo che Alexander Huber racconta in questo libro che ripercorre la sua vita di atleta e di uomo. La paura è un’amica fedele, in grado di innescare importanti meccanismi di autodifesa: nello sport aiuta a non esagerare, a non andare troppo in là. La paura è al fianco della determinazione, necessaria per affrontare imprese considerate «folli», e ci permette di guardare dentro noi stessi. Come ha fatto Huber, che ha trovato la forza di analizzare lucidamente un periodo molto buio della sua vita, durante il quale ha ricercato con fatica la propria identità, combattendo contro la depressione. Provare paura, e affrontarla di petto, insomma, ci permette di uscire dalle difficoltà più resilienti e in sintonia con noi stessi.

libri di montagna
La morte sospesa, Simpson

La morte sospesa di Joe Simpson

Nel giugno 1985, due alpinisti britannici, il venticinquenne Joe Simpson e il suo compagno di cordata, Simon Yates, hanno appena raggiunto la vetta del Siula Grande (6536 metri) nelle Ande peruviane, salendo per la prima volta la parete Ovest. Colti da una violenta bufera, i due scendono lungo una ripida parete innevata, ma Simpson perde un appoggio e precipita su una roccia rompendosi una gamba. Yates cerca di calarlo per seracchi di ghiaccio con laboriose manovre di corda. Nonostante l’oscurità tutto sembra procedere fino a quando non accade l’imprevisto: la parete è interrotta da uno strapiombo sotto il quale Joe si trova appeso. Simon non riesce a issarlo e rischia di venire trascinato anche lui nel vuoto. Compie l’unico gesto possibile: allo stremo delle forze, recide la corda che lo unisce al compagno, abbandonandolo. Joe cade nel vuoto ma non muore. I tre giorni successivi sono un calvario per entrambi gli alpinisti: Yates torna a fatica al campo base consumato dal dolore, certo di aver causato la morte del compagno. Simpson, sopravvissuto a stento, si trova intrappolato in un crepaccio, ferito, con un principio di congelamento agli arti. Eppure, facendo appello a tutte le risorse fisiche e mentali, riesce a raggiungere il campo base dove ritrova il compagno. Questo libro è la testimonianza intensa di una vittoria straordinaria della vita sulla morte, è un inno sincero e commovente all’amicizia.

libri di montagna
Cerro torre, Cordes

Cerro Torre, 60 anni di arrampicata e controversie sul grido di pietra di Kelly Cordes

All’estremità meridionale dell’Argentina, tra sterminati ghiacciai e le estepas ondulate della Patagonia, sorge una guglia di roccia e ghiaccio, alta 3.128 metri: il Cerro Torre. Considerata da molti la vetta più bella e di maggior attrattiva del mondo, ha visto i tentativi degli alpinisti più tecnici e tenaci. Reinhold Messner, tra i più grandi di sempre, lo ha definito “un grido di pietra”.

Ma attorno al Cerro Torre aleggiano controversie fin dal 1959, quando Cesare Maestri ne rivendicò la prima salita. Il suo compagno di cordata Toni Egger morì lungo la discesa e generazioni di alpinisti di fama mondiale hanno cercato di ripercorrere la sua linea di salita, trovando però solo contraddizioni. Nel 1970, infuriato per via dei dubbi e ossessionato dall’idea di ribadire il suo successo, Maestri utilizzò un compressore alimentato da un motore a scoppio per trapanare lungo la parete del Cerro Torre centinaia di chiodi, a distanza ravvicinata, tanto da poter essere usati come pioli di una scala. La Via del Compressore diventò subito una tra le vie più controverse del mondo e nei decenni a seguire sarebbe stata la più ripetuta per giungere in vetta.

Nel 2012 Hayden Kennedy e Jason Kruk, due alpinisti giovani, talentuosi e idealisti, rimossero molti dei chiodi di Maestri e le polemiche tornarono di nuovo a imperversare. Che ruolo dovrebbe giocare l’attrezzatura nelle realizzazioni degli alpinisti? Chi ha il diritto di alterare una via o una parete? Qual è l’impatto delle circostanze storiche sulla nostra etica della montagna? E soprattutto: qual è il fine ultimo dell’alpinismo? La vetta o la scalata? Questa storia di hybris, eroismo, ideali, spedizioni epiche offre al lettore uno sguardo sulla condizione umana e scandaglia alcuni dei motivi per cui ci lanciamo in imprese temerarie che, a un livello superficiale, possono apparire prive di valore.

In vetta senza scorciatoie, Viesturz
In vetta senza scorciatoie, Viesturz

In vetta senza scorciatoie di Ed Viesturs

Per diciott’anni Ed Viesturs ha inseguito il sogno di ogni alpinista: raggiungere la cima dei 14 ottomila senza l’aiuto dell’ossigeno. In vetta senza scorciatoie è la storia della realizzazione del suo sogno, ma è anche molto di più: è il racconto di un uomo combattuto fra la vita degli affetti e della quotidianità e il fascino dei luoghi maestosi e mortalmente pericolosi delle sue spedizioni. Un alpinista straordinariamente prudente, che seppe rinunciare alla vetta dell’Everest a meno di 100 metri dalla meta e che mai avrebbe rinunciato alla cima dell’Annapurna, la montagna su cui soccombe la metà di coloro che conquistano la vetta. Un alpinista il cui motto è: «Raggiungere la cima è facoltativo, tornare indietro è obbligatorio». Ed è proprio seguendo questa filosofia che Viesturs descrive i fatali errori di giudizio commessi dai colleghi alpinisti, insieme ad alcuni rischi corsi da lui stesso, e ai valorosi salvataggi compiuti. E, per la prima volta, spiega nei dettagli il ruolo fondamentale ed eroico che si trovò a ricoprire durante la tragedia consumatasi sull’Everest nel 1996, resa famosa da Aria sottile, di Jon Krakauer.

libri di montagna
Confessioni di un serial climber, Twight

Confessioni di un serial climber di Mark Twight

Un thriller impenitente, che ha scandalizzato e fatto riflettere dentro e fuori le montagne

Profondamente introspettivo, ma anche arrogante, grandioso, estremista, questo libro ha diviso la letteratura di montagna americana, dissacrando convenzioni, racconti e situazioni. Vincitore al Mountain Book Festival di Banff nel 2001, ha aperto lo sguardo su una concezione dell’alpinismo e della vita che nessuno aveva mai osato esprimere.

Dal Monte Bianco all’Himalaya, dal Canada al Pamir, l’alpinismo estremo è stata la risposta di Twight alla “stupidità e alla mediocrità” e, nello stesso tempo, perfino un modo per sfuggire al suicidio.

Cinismo, ossessioni, corse, sono accompagnati dai testi di canzoni punk che Twight ascolta durante le proprie scalate, in cui valanghe, morti di amici, soccorsi epici non sono mai ragioni di fuga.

Mark Twight è stato uno dei principali alpinisti americani. È stato il primo a percorrere la Via dei cechi sul Pik Communism in solitaria e il più veloce a salire, sempre in solitaria, Slipstream una cascata ghiacciata alta 900 metri nelle Canadian Rockies. Ha compiuto la prima salita di Deprivation sul Mount Hunter in Alaska e ascensioni estremamente difficili nel gruppo del Monte Bianco oltre che una salita no-stop di sessanta ore sulla Diretta ceca al Mc Kinley. Ha lavorato come consulente e distributore per alcune importanti ditte del settore studiando la realizzazione di capi tecnici per il dipartimento della difesa degli Stati Uniti e come insegnante di arrampicata e tecniche di sopravvivenza per le forze speciali dell’esercito. È autore, con Jim Martin, dell’apprezzato manuale tecnico Alpinismo Estremo

LIBRI DI MONTAGNA
la via perfetta Daniele Nardi

La via perfetta. Nanga Parbat: sperone Mummery di Daniele Nardi e Alessandra Carati

Sulla Terra ci sono quattordici montagne che superano gli 8000 metri: il Nanga Parbat è una di queste. La nona in ordine di altezza e una delle più difficili; in particolare se la si affronta dallo sperone Mummery, che nessuno ha mai salito. Nei suoi cinque tentativi di conquistare la vetta in invernale, Daniele Nardi lo ha provato quattro volte. Quel «dito di roccia e ghiaccio che punta dritto alla vetta» aveva catturato la sua immaginazione. Un percorso così elegante da sembrare perfetto. L’impresa di Nardi e del suo compagno di cordata Tom Ballard si è interrotta a un passo dalla conclusione, ma Daniele, come fa ogni alpinista, aveva messo in conto che potesse accadere, e si era rivolto ad Alessandra Carati. Hanno lavorato insieme per quasi un anno. Alessandra lo ha seguito al campo base del Nanga Parbat e, dopo essere rientrata in Italia, è rimasta in contatto con lui fino all’ultimo giorno. Nella posta elettronica aveva un’email che era un impegno: terminare il racconto che Daniele aveva iniziato.

libri di montagna
Nanga, SImone Moro

Nanga. Fra rispetto e pazienza, come ho corteggiato la montagna che chiamavano assassina di Simone Moro

Quella di Moro per il Nanga Parbat è una folgorazione, una scintilla scoccata sulle pagine dei libri che Simone leggeva da ragazzino, dove si narravano le imprese straordinarie di alpinisti come Albert Mummery, Hermann Buhl e Reinhold Messner che su quella montagna avevano lasciato una traccia e in certi casi, tragicamente, anche la vita. Con il tempo la scintilla si è ravvivata fino a diventare una passione travolgente, un amore vero e proprio per una cima maestosa che, nel tempo, aveva continuato a respingere molti alpinisti. Nell’estate del 2003 finalmente Moro può toccarne con mano le pareti e il suo tentativo di raggiungerne la vetta fallisce. Ma non è affatto la fine del sogno, anzi è solo l’inizio di un corteggiamento paziente, durato tredici anni, che l’autore racconta in questo libro avvincente ed emozionante. Tredici anni e tre tentativi invernali fatti di imprevisti, sorprese, nuove vie e nuove cordate, valanghe e bufere di neve, crepacci, grotte di ghiaccio, venti a 200 chilometri orari e cieli limpidi… Ma soprattutto fatti di scalate compiute un passo dopo l’altro, con la tenacia che serve a non mollare e con il rispetto costante per la montagna, la natura e i limiti dell’uomo. «26 febbraio 2016: il tempo si dilata. Ormai era così che lo percepivamo: aumentato, surreale, lento. Ognuno di noi era diventato un automa, focalizzato esclusivamente sul proprio ritmo, sulla propria fatica, sui propri problemi. Eravamo oltre i 7800 metri. Nessuno parlava più da tempo, concentrati come eravamo a mettere un passo davanti all’altro, sette per l’esattezza, fermarci, guardare verso l’alto, nella speranza che quei sette passi avessero fatto il miracolo di avvicinare la vetta che invece sembrava rimanere inesorabilmente lontana da noi.» Il corteggiamento finisce quel giorno. Alle 15:37 Simone Moro – in cordata con Tamara Lunger, Alex Txikon e Ali Sadpara – arriva sulla vetta del Nanga Parbat coronando un sogno durato trent’anni ed entrando nella storia dell’alpinismo.


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