Quest’anno è tutto pronto per la ripartenza del mondo dello sci a 360°, la prima neve è arrivata un po’ su tutte le montagne italiane e puntuale come sempre arriverà anche la voglia di esplorare la neve fresca, d’inverno l’importante è muoversi sulla neve, non importa come, quando e perché; ma è proprio così? Vediamo insieme i numeri della sicurezza.
La chiave dell’andare in montagna, soprattutto d’inverno, è proprio racchiusa in quelle tre domande. Guardiamo l’orologio per ammirare l’ammontare del dislivello e non più per controllare se siamo in orario perfetto per sciare sulla neve migliore e sicura, facciamo a gara chi fa la linea più estrema, non importa quali siano le condizioni, l’importante è portarsi a casa un bel video, il perché lo facciamo non lo sappiamo di preciso, alcuni sostengono che sia la loro passione, altri per la compagnia, altri ancora per tenersi in forma, l’importante sembrerebbe di andare là fuori a tutti i costi. Spesso quel “a tutti i costi” costa caro! Nonostante quest’ultimo periodo sia stato intriso di attese, attendere non fa più parte della nostra società, e questo sicuramente gioca a sfavore di una corretta gestione del rischio.
Una buona parte dei frequentatori della montagna invernale prima la frequenta, poi, talvolta iniziano a documentarsi, un po’ come se fosse una consuetudine comprare un’automobile, guidare per un centinaio di chilometri e soltanto dopo intuire che forse sarebbe meglio capire cosa sono quei cartelli colorati a bordo strada.
Ecco perché nasce l’idea di questo articolo, non per rendere tutti dei provetti nivologi, ma per aumentare la consapevolezza in chi va là fuori d’inverno, riconoscere gli “stop” della montagna può fare la differenza.
Dai pali alle pelli
Dai pali alle pelli è un attimo, sempre di scivolare si tratta! Passare da un contesto preparato per la sicurezza come le piste da sci dove il manto nevoso è lavorato per avere la maggior omogeneità possibile, la segnaletica aiuta ad evitare inconvenienti e il servizio di soccorso è immediato, è molto diverso che spingersi in un contesto dove siamo noi stessi i responsabili della sicurezza.
In pista non dobbiamo preoccuparci di cosa abbiamo sotto gli sci c’è chi l’ha fatto per noi, e l’unica valanga che viene in mente è quella “azzurra” (valanga azzurra) infatti considerando il territorio italiano, in più di trent’anni di stagioni sono stati 37 gli incidenti da valanga in pista che hanno coinvolto sciatori o snowboarder contro i 1399 nel fuori pista.
A conti fatti, per il fuori pista, si è passati da 27 a 54 incidenti di media ogni anno. In pista, la media è nettamente inferiore, molte sono le annate che non registrano casi e in termini matematici si può parlare di 1 incidente da valanga all’anno. Questo dato, 1 vs 54, può essere significativo per far capire quanto sia diversa la situazione in termini di sicurezza dal punto di vista valanghivo e quanto si debba puntare sulla consapevolezza nella pratica fuori pista.
Avere un’idea oggettiva a proposito di incidenti da valanga è il primo passo per prendere consapevolezza sul come muoversi in montagna d’inverno.
La sicurezza è un gioco di squadra
Prima di parlare di grafici, tabelle e relative conclusioni abusate nel tempo come conferma di teorie sensazionalistiche frutto di business esotici lontani dal cuore della montagna, bisogna precisare il peso giusto da dare ai dati statistici in relazione al singolo individuo.
Pensando ad un paragone d’effetto che potesse rimanere in testa a chiunque, professionisti e non, mi è venuto in mente quanto in realtà l’andare per montagne specie d’inverno può essere paragonato ad un gioco di squadra, come il calcio per esempio.
Le nostre conoscenze e capacità di riconoscere i pericoli formano la squadra, più queste sono forti più c’è probabilità di vincere. Nello stesso modo, in un gruppo maggiore è la consapevolezza generale di ciò che si sta facendo migliori sono i risultati, che nel nostro caso si tratta di muoversi in sicurezza, tenendo presente che non si potrà mai avere la certezza assoluta di vittoria, non si potranno mai azzerare i rischi, un goal dalla squadra avversaria lo si potrà sempre prendere.
Detto questo precisiamo che andare in montagna affidandosi alle statistiche non può essere un buon metodo, spesso si sente dire: “…lì si può sempre andare non ho mai visto cadere una valanga…” oppure “…io mi affido a lui è una vita che lo fa e non gli è mai successo niente…”.
Purtroppo o per fortuna, dipende dai punti di vista, in natura nulla è semplice e scontato a maggior ragione quando si parla di montagna e valanghe. Prendere i risultati di statistiche sputati fuori da un programma senza ragionare a 360° sul perché di quei valori può dare certezze pericolose. Mi piace ricordare che ogni volta che si va là fuori la giocata si azzera e ciò che è stato non influisce sul prossimo risultato, ogni singolo individuo, ogni singola uscita ha una storia a sé, nel bene e nel male.
I numeri sugli incidenti da valanga
Fatta questa premessa passiamo ai risultati ottenuti analizzando più di 30 anni di dati forniti dall’archivio AINEVA ed analizzati al fine di fornire una panoramica sugli incidenti in valanga sul territorio italiano.
È stata presa in considerazione la serie storica che va dal 1985 alla primavera 2020, talvolta sono stati presi in considerazione 3 macro-periodi, 1985/1996, 1996/2008 e 2008/2020 per meglio evidenziare eventuali variazioni. Sulle montagne italiane dalla stagione ‘84/’85 ad oggi ci sono stati 1600 incidenti da valanga in cui sono state coinvolte 3300 persone di cui 691 hanno perso la vita. Non fermiamoci ai numeri, lasciamo questo compito ai giornali sensazionalistici. Ho preferito osservare, piuttosto che i numeri in senso assoluto, la frequenza delle varie categorie d’incidente:
Come già osservato nei decenni scorsi anche l’ultimo periodo (in viola) vede coinvolti nelle valanghe principalmente i frequentatori della “wilderness”, skialper, freerider, snowboarder e alpinisti. Questo trend è sempre stato osservato e non ci dice nulla di nuovo, l’87% dei casi riguarda queste categorie.
Come da manuale, la discesa vede coinvolte il maggior numero di persone: vedremo come il sovraccarico in questa fase aumenti notevolmente e come il tipo di progressione influenzi il carico. Le categorie 4, 5, 6, e 8 hanno tutte un trend in costante crescita, l’unico trend in calo è quello della categoria 7-persone in abitazione, frutto di anni di studio sulla previsione e modellistica delle valanghe che ha permesso insieme alla legislazione di evitare gravi incidenti come in passato.
Ma torniamo all’outdoor, quanto riportato sopra può essere letto in molti modi: alcuni diranno che si dovrà migliorare l’equipaggiamento di sicurezza trasformandoci in power ranger altri potranno avere teorie contorte che si appellano a qualche nozione presa chissà dove su un social, altri ancora daranno la colpa a delle convinzioni da bar, alcuni diranno cose sensate e una di queste sicuramente è che la curva verso l’alto è dovuta ad un’impennata di frequentatori della montagna invernale. Inoltre si può dire che un tempo erano molti di più gli incidenti non registrati in quanto era molto più difficile venirne a conoscenza, specie se l’incidente non causava vittime. Proprio questo è il punto chiave di lettura del grafico che segue:
Prevenire è meglio che curare
Se si osserva la linea di tendenza dei morti in valanga (nera) si noterà che è pressoché una linea piana dal 1985 ad oggi, in contrasto con la sensazione che i media diffondono puntualmente ogni stagione. Questo potrebbe trarci in inganno e farci pensare che oggi le valanghe siano meno spietate di un tempo visto che gli incidenti sono in evidente crescita, ma in realtà ciò che ha influito positivamente sono da una parte i dispositivi ARTVA migliori rispetto al passato e dall’altra una sempre maggiore campagna d’informazione sul come utilizzare al meglio questi dispositivi in caso d’incidente; c’è però da dire che la forte discrepanza tra passato e presente del rapporto travolti/vittime sia dovuto anche ad una mancanza di dati in passato su tutte quelle valanghe che non causavano morti e quindi l’accaduto rimaneva circoscritto nella memoria dei coinvolti e non registrato nei database dedicati (cosa che accade ancora oggi ma molto meno frequentemente).
Come dicevo l’interpretazione di un grafico può essere anche molto diversa in relazione all’osservatore, cercando di essere super partes nell’interpretazione possiamo ribadire il concetto che l’impennata degli incidenti è dovuta principalmente a due fattori: il primo riguarda l’incremento degli utilizzatori della montagna invernale mentre il secondo ad una maggior facilità di reperire notizie oggi rispetto ad un tempo e quindi una migliore completezza sulla catalogazione del numero degli incidenti in valanga.
C’è un detto che dice: “Prevenire è meglio che curare”, ed essendo convinti che il miglior dispositivo di sicurezza sia la consapevolezza, la nostra speranza è quella di lavorare sull’informazione per il pubblico della montagna invernale in modo da contribuire all’inversione del trend degli incidenti nonostante la sempre maggior affluenza di appassionati.