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560 km con tre gambe in due: il cicloviaggio di Ersilio e Stefano

Scritto il
da Martina Tremolada

Ersilio e Stefano sono partiti il 5 febbraio 2023 per un’avventura a pedali immersa nella natura incontaminata della Spagna meridionale. Il loro viaggio ha avuto lo scopo di raccogliere fondi per aiutare il Rizzoli di Bologna e l’associazione Mario Campanacci nella ricerca, e la lotta, contro il sarcoma di Ewing ed altri tumori muscolo scheletrici. Inoltre, l’obiettivo è stato dimostrare che la disabilità non è un limite e che un disabile e un normodotato possono avventurarsi in un cicloviaggio in piena armonia.

Insieme hanno pedalato in 8 giorni una traccia interamente disegnata da Stefano per un totale di 560 km, di cui moltissimi su sterrato, e oltre 10 mila metri di dislivello.

Ci facciamo raccontare dalle loro parole, ricche di (pericolosamente) contagioso entusiasmo, come è nata la passione per i cicloviaggi e come è andata l’avventura insieme.


Intervista

1- Ersilio, una trentina di anni fa ti hanno diagnosticato un sarcoma di Ewing (tumore maligno alla gamba). Oggi l’unica eredità che ti ha lasciato il tumore  è una gamba priva di forza, sei fondatore di TeamLife (ASD per lo studio e la cura dei tumori muscoloscheletrici) e giri il mondo in sella alla bicicletta. Ci racconti brevemente la tua storia e come ti sei avvicinato al cicloturismo?

“Ero un ragazzo come tutti. Mi appassionavano gli sport e, in particolare, ero competitivo nel calcio e tennis, fino ad arrivare al professionismo. Poi, all’età di 20 anni, ho avuto una sentenza che mi ha cambiato la vita: un tumore raro all’ala iliaca e muscoli con una speranza di vita del 5% di vita.

L’8 marzo del 1992 mi hanno ricoverato come un ragazzo terminale e il giorno successivo mi sono buttato dalla finestra dell’ospedale. Ho combattuto per tre anni al Rizzoli di Bologna con chemioterapia per un anno e mezzo tutti i giorni e radio terapia per 6 mesi fino ad arrivare ad un intervento di 22 ore.

Sono miracolosamente guarito e, tornato a casa, ho combattuto per 5 anni con un profondo stato di depressione, non mi accettavo.

Un giorno ho preso una bici ho pedalato. Ho ritrovato la serenità, ho incominciato a ridere. Da quel momento in poi non ho più lasciato la bicicletta: pedalare mi fa sembrare normale ed è una sensazione spettacolare”.

2- Stefano, dopo essere stato agonista in Mtb, hai caricato le borse sulla bici per pedalare in lungo e in largo per il Pianeta, ma la Spagna resta la meta che hai frequentato più volte. Come è nata la tua passione per i cicloviaggi e per la Spagna?

Dopo anni di gare, una volta smesso di attaccare il numero al manubrio e dopo un paio di anni di oblio, durante le vacanza di Natale del 2011 un amico mi chiese di fare un viaggio in bici. Detto fatto, il 26 dicembre ci imbarcavamo per Genova alla volta di Barcellona. Abbiamo pedalato quattro giorni a Palma de Majorca facendo il periplo dell’isola e dal 1 gennaio abbiamo iniziato il nostro rientro verso casa. Siamo arrivati a Valenza (in provincia di Alessandria) il 9 gennaio del 2012. Ho capito subito che il dado era tratto: avevo trovato un nuovo modo di vivere la bici.

La Spagna mi ha visto tornare molte volte, ad oggi ho ben 12 viaggi all’attivo e quasi 20.000 km percorsi nella penisola Iberica anche se in realtà non vi è stato nulla di predefinito o programmato. Posso solo dire che in quelle terre aride e selvagge io trovo il mio modo di divertirmi”.

3- Il 5 febbraio 2023 siete partiti insieme per il cicloviaggio in Andalusia, come è nata l’idea?

E: “Ho chiesto io a Stefano di intraprendere un viaggio insieme in Andalusia. Volevo vivere un’avventura come lui è solito fare: alla ricerca di panorami mozzafiato su strade sterrate immense dove si incontra poca gente. Viaggiare con lui per me sarebbe stato un onore. Lo reputo un grande viaggiatore e soprattutto una grande persona. Poter affrontare un itinerario con il suo stile – ovviamente lui era più lento con me – mi avrebbe dato la libertà totale e mi avrebbe fatto dimenticare di essere disabile.

A questo ponto ci è venuta l’idea di fare un viaggio nel nome della disabilità per la ricerca e l’inclusione“.

S: “Quando Ersilio mi chiese se avessi voluto accompagnarlo in Andalusia per un viaggio in bikepacking, io risposi con entusiasmo, ma avevo un problema da risolvere: il lavoro. Ci ha pensato Ersilio parlando con il mio capo e così ho potuto avere le ferie per partire insieme”.

4- Come eravate equipaggiati? C’erano differenze tra i due set up?

S: “Avevamo entrambi un assetto da bikepacking classico con le tre borse (sottosella, telaio e manubrio). Per dormire ci siamo appoggiati alle strutture quindi non ci serviva la tenda. La bici pesava tra i 22 e i 24 kg.

E: Non c’erano differenze di set up, l’unica differenza era la bici: io ho una salsa cutthroat e Stefano una Locomotive Westlander”.

5- Avete affrontato piste sterrate tra canyon e deserti. Per alcuni tratti siete stati costretti a spingere sulla sabbia. Un itinerario per nulla semplice, come vi siete allenati?

E: “Esco in bici 4 o 5 giorni a settimana e ogni tanto partecipo alle gare di Mtb con i normodotati. Sulle salite sterrate spesso mi capita che, pedalando con un solo arto, il posteriore scivoli e ne perda il controllo. Questo, però, non è un problema: scendo e spingo”.

S: “Il tracciato era perfetto. Grazie alla esperienza dei miei precedenti viaggi invernali proprio in quei luoghi, ho potuto disegnare una traccia totalmente pedalabile con la parte sterrata che superava l’80% del totale. Ho visto Ersilio spingere la bici in sole due occasioni, nei punti più difficili, una roccia”.

6- Durante il viaggio avete trovato anche la neve che vi ha anche costretti a cambiare l’itinerario della settima tappa. Come è andata quel giorno?

S: “Eravamo a Seròn, siamo andati a dormire con un bel tramonto, ma al mattino pioveva forte. Le cime della Sierra de Filabres, dove ci stavamo dirigendo, erano coperte dalle nuvole, sapevamo che lassù stava nevicando. La traccia avrebbe dovuto raggiungere il piccolo pueblo di Alcontar per poi salire al Calar Alto (2.000 m) lungo una pista forestale sterrata. Viste le condizioni climatiche, sono andato alla polizia municipale per informarmi, e così ho deciso che saremmo saliti su asfalto senza affrontare lo sterrato innevato. La strada asfaltata ci dava più possibilità di poter pedalare, non volevo trovarmi nelle condizioni di dover spingere la bici per chilometri. Ersilio in bici non lo ferma nessuno ma fare portage nella neve era fuori discussione”.

E: “Sinceramente non mi aspettavo di trovare neve, ma è stata la tappa più affascinante e colori spettacolari una figata allo stato puro, poi ti rendevi conto che dalle tracce solo tu eri passato da li”.

7- Quale è stata la difficoltà più grande che avete incontrato in questo viaggio?

E: “Il giorno dove abbiamo trovato vento fortissimo contro per tutta la tappa, ero stremato e super nervoso. Non riuscivo a pedalare ero sempre nello stesso punto”.

S: “Sopportare Ersilio (ride) quando aveva il vento in faccia. Le raffiche non erano fortissime, ma lui quel giorno era davvero stanco. Il tracciato fino a quel punto era stato molto impegnativo. Ci sta tutto”.

8- Durante il viaggio avete mai avuto dei momenti di crisi tra voi?

E: “Un giorno abbiamo avuto degli screzi (è la prima volta che lo racconto). Per una giornata le nostre conversazioni sono state quasi inesistenti. Poi, quando ci siamo chiariti, ci siamo stretti un commovente abbraccio. Da quell’istante, Stefano è diventato parte della mia vita: ho capito di avere un Fratello Amico. Da allora so di poter contare su una persona speciale. Infatti quando non sto bene vado da lui in Valenza e pedaliamo insieme. Questo, dopo casa mia è l’unico posto dove mi rilasso e mi sento a casa. Non smetterò mai di ringraziare Stefano che ha trasformato un disabile in un normodotato. Ha anche una famiglia spettacolare: mamma e papà sono i numeri uno. Grazie!”

S: “I viaggi aiutano a conoscersi. Da Ersilio ho imparato tanto, lui è un combattente nato, io no. Da quel viaggio sono tornato con una consapevolezza di me stesso migliore, a volte i nostri difetti possono essere i nostri punti di forza. Siamo tornati in viaggio insieme questa primavera, abbiamo pedalato nel “Massif de l’Esterell””.

9- Pensate che questa avventura in Andalusia vi abbia cambiati?

E: “Si, mi ha cambiato tantissimo. Sono molto maturato e ho sempre voglia di viaggiare. Mi piacerebbe fare molti viaggi con Stefano, ma lui è molto solitario e sarà difficile. Per me lui fa parte della mia famiglia”.

S: “So che può sembrare assurdo, ma Ersilio aveva bisogno di rallentare, di guardarsi intorno, di ascoltare il silenzio. Se quel viaggio è servito a questo scopo, allora abbiamo fatto bingo.

Personalmente, però, sono profondamente convinto che un viaggio – sia esso in solitaria o in compagnia – può sicuramente arricchirci, ma non può cambiarci. Ci consente di conoscersi, riconoscersi, ci mette davanti chi siamo veramente, nel bene e nel male. Siamo noi poi a decidere se accettare o no che ciò che il viaggio rivela. Da questo punto di vista questa esperienza mi è servita molto, io condiviso con poche persone i miei viaggi ed Ersilio è uno di questi”.

10. Qual è il vostro consiglio per chi si approccia ai primi viaggi in bicicletta?

E: “I primi viaggi sono i più belli perché parti con una bici strampalata e 50kg di bagaglio. L’unico consiglio che mi sento di dare è ridere, fermarsi e godere il paesaggio e soprattutto ringraziare ogni km che si pedala perché quella è vita. Non dispenso mai consigli pratici perché il primo viaggio è emozionante in quanto tale: partire senza calcoli è fantastico”.

S: “Partite! Meno domande vi fate più strada farete”.

Foto di Stefano Scapitta

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