Quando si parla di valanghe, il bosco non è certo il primo paesaggio che ci viene in mente; abituati spesso all’immagine cinematografica della valanga, la mente visualizza le grandi pareti Himalayane avvolte da valanghe nubiformi che inesorabilmente travolgono chiunque si trovi sul loro cammino. Eppure, nella realtà, le valanghe nel bosco sono una possibilità e neanche tanto remota: capire quando il bosco ci “protegge” e quando invece ci “inganna” è un punto chiave per muoversi con maggior consapevolezza.
Il bosco e la neve
Per prima cosa è giusto sottolineare che il bosco è efficace nel prevenire un distacco e non certo a fermare una valanga staccatasi a monte. Ciò che rende un bosco un nostro alleato è la sua capacità di agire in modo positivo sul manto nevoso proteggendolo da:
– grandi accumuli di neve fresca
– vento
– sbalzi di temperatura
– propagazione di una frattura
Per assolvere a tutti questi compiti capirete bene che non basta un bosco qualunque, servono delle caratteristiche ben precise. In particolare, sono tre le qualità che permettono a un bosco di agire a nostro favore: una sufficiente densità di alberi, specie ottimale per la cattura della neve (chioma fitta ed estesa sino a terra) e assenza di radure estese.
La densità di un bosco
Vi sarà capitato di ritrovarvi al limite del bosco, dove soltanto i larici più temerari riescono ad attecchire, e sciare con una certa sicurezza in più, rassicurati dal fatto di essere circondati da alberi più o meno sviluppati. Questa maggior sicurezza è una trappola frequente in cui cadono ciaspolatori e scialpinisti.
Dovete sapere che un bosco è in grado di svolgere la sua funzione protettiva quando la densità è superiore a 250 piante ad ettaro, con altezze maggiori di 3 metri (Meyer-Grass, 1987). A conti fatti, dovreste incontrare una pianta ogni 5 metri. Un bosco così fitto può essere gradevole per un ciaspolatore meno per uno scialpinista.
Tuttavia, la densità in sé non è sufficiente come garanzia per un manto nevoso sicuro, ciò che conta osservare con attenzione è la copertura delle chiome. Infatti, è proprio la chioma di un albero a fare la maggior parte del lavoro di protezione contro le valanghe: più questa è fitta ed arriva a terra più andrà a proteggere il manto nevoso. A questo punto è chiaro, quanto sia importante valutare il bosco non soltanto dalla sua densità in termini di numero di alberi ad ettaro, ma piuttosto dalla copertura delle chiome. In condizioni di alberi dotati di un’altezza efficace e distribuiti in maniera regolare (assenza di grandi radure), è sufficiente un grado di copertura del 50-60% a impedire il distacco di valanghe di medie-grandi dimensioni (Perzl, 2007). In altre parole, vi basterà alzare il naso all’insù per una veloce valutazione, se le porzioni di cielo libero sono più del 40-50%, significa che vi trovate in un bosco “ingannevole” e che la possibilità che si verifichi un distacco potrebbero non essere poi così diverse da un campo aperto.
Le specie migliori contro le valanghe
Le sempreverdi, come l’abete o i pini, con le loro chiome fitte, anche d’inverno, sono le specie migliori per proteggere il manto nevoso da:
– sovraccarichi da neve, catturando molta neve fresca. Fino al 70% per le precipitazioni intense e al 30% per quelle più deboli (Pomeroy e Brun, 2001). In particolare, l’abete rosso e il pino cembro, sono in grado di trattenere una maggior quantità di precipitazioni rispetto al larice (Motta, 1995)
– accumuli da vento/erosione: come una barriera, le fronde proteggono il manto nevoso dall’azione del vento, protagonista indiscusso quando si parla di valanghe
– sbalzi termici: le fronde proteggono il manto nevoso dall’azione del sole, e nelle giornate più calde gli effetti delle alte temperature sono mitigati. Nello stesso modo il bosco protegge il manto nevoso anche dal freddo intenso, contrastando la formazione di strati deboli come brina di superficie o di profondità (McClung e Schearer, 2006).
…e quelle peggiori
Purtroppo, specie per chi cerca spazi in cui sciare, il miglior terreno si trova nei boschi destinati a spogliarsi durante l’inverno, dove la presenza della neve è garantita da latifoglie o larici ormai privi di foglie. Questi boschi offriranno condizioni migliori di sciabilità a discapito di una minor protezione e quindi una maggior probabilità che si verifichino distacchi. Le caducifoglie quali, ad esempio, larici, faggi, ontani, aceri e castagni non offrono un effetto protettivo del manto nevoso significativo e la lettiera di foglie ed aghi rappresenta spesso una superficie di discontinuità basale favorendo, oltretutto, la formazione di livelli fragili nel manto nevoso sovrastante. Inoltre, proprio nei boschi di larice si trovano più frequentemente radure, spazi più o meno ampi, aperti e stupendi da sciare: una grande trappola che attira sempre molti escursionisti.
La trappola più bella
Chiunque di noi difronte ad una radura nel bosco prova una certa emozione, uno spazio aperto dopo tanto ravanàge è un sollievo per la vista e spesso anche per il fisico. Muoversi con un po’ di libertà in più è sempre divertente e, nonostante l’entusiasmo, è proprio in questo luogo che dovrete prestare la massima attenzione: se la radura è sufficientemente ampia, il bosco non avrà protetto quella porzione di manto nevoso e di conseguenza potreste trovarvi in un’area potenzialmente instabile.
Si è osservato che “aperture superiori a 30 m in direzione della pendenza e 15 m lungo la stessa curva di livello non possono impedire il distacco di valanghe (Imbeck 1983)”; questo la dice lunga su quanta attenzione si deve prestare anche in aree apparentemente poco aperte. In queste aree, infatti, la presenza della radura avrà favorito la formazione di brina di superficie o di altri strati deboli all’interno del manto nevoso e l’azione ostacolo del bosco circostante avrà, successivamente, favorito la formazione di accumuli (lastroni perlopiù soffici) durante la nevicata o in giornate ventose che poggiano, in maniera instabile, proprio su questi livelli critici non presenti all’interno del bosco fitto.
Canaloni e trappole morfologiche
Infine, è doveroso sottolineare che quanto abbiamo affermato poco fa, vale fino a quando si cerca di evitare di ritrovarsi in un’area potenzialmente instabile all’interno del bosco (zona di distacco). Tuttavia, il bosco è la prima parte di percorso che si affronta per raggiungere una cima o un rifugio e può diventare zona di scorrimento o accumulo e in quel caso essere un’area critica anche più pericolosa dei versanti aperti.
Valutate sempre durante le vostre escursioni dove vi trovate e quali punti critici dovete attraversare, come canaloni o conche alla base di salti di roccia, in caso di distacchi più a monte il flusso della valanga potrebbe raggiungervi. Il bosco, e in particolare le specie presenti (ontano verde, salici nani, rododendri, pini mughi, etc…) come anche la presenza di rinnovazione di larice o abete lungo i canaloni o allo sbocco di essi, vi aiuterà a capire se quel tratto è interessato da valanghe in modo ricorrente.
Ad ogni uscita non dimenticate di osservare, il bosco vi potrà raccontare molte più storie di quante ne possiate trovare sui libri, e per il capitolo valanghe, di racconti ne ha davvero tante. Buone escursioni a tutti!