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Racconti sportivi: Cervino, traversata Italia-Svizzera

Andrea Bottani descrive la realizzazione di un sogno

Alice Dell'Omo Scritto il
da Alice Dell'Omo

Per la rubrica Racconti sportivi di outdoortest.it, Andrea Bottani ci descrive la conquista di un sogno avvenuta il 27 e 28 agosto 2018. Lasciamo la parola ad Andrea.

Cervino, traversata Italia-Svizzera

Ultimo sguardo alla parete dagli impianti di Zermatt

“La stagione estiva stava per svolgere al termine quando, con il mio compagno di avventure, ci troviamo in pausa pranzo al lavoro e discutiamo su come sfruttare gli ultimi giorni liberi prima dell’arrivo dell’autunno. Perchè non concludere con la bella salita di un 4000? Traversata dei Liskamm? Monte Rosa? Ridendo ci diciamo ma se concludessimo con il Cervino?

Il sogno di qualsiasi alpinista, una montagna cosi affascinante, la più bella delle Alpi e non solo, una parete ricca di storia, di avventure, di racconti tragici e allo stesso tempo vittoriosi: Bonatti, Diemberger, Carrel…

Ormai le altre opzioni le mettiamo da parte e iniziamo a informarci per partire l’indomani. L’allenamento non ci manca, in questa stagione avevamo già salito la Nord del Gran Paradiso, la Nord dell’Allinhorn, Il Dente del Gigante, e altre numerose vie sul granito del Masino.

Tecnicamente eravamo pronti, allenati eravamo allenati, quota l’avevamo fatta era l’occasione giusta per poter realizzare il nostro sogno.

Consultato l’ultimo bollettino meteo e preparato meticolosamente il materiale siamo pronti a partire.

Partenza alle 3 dalla Valtellina direzione Cervinia, la via che vogliamo affrontare è la Cresta del Leone (versante italiano) e scendendo dalla Cresta Honrli (versante svizzero) per poi tornare a Cervinia.

Dopo un viaggio di 4 ore ci troviamo davanti l’imponente montagna, siamo super emozionati e carichi a partire, ci incamminiamo lungo il sentiero che porta al primo rifugio sul versante italiano, il rifugio Duca degli Abruzzi, mangiata una fresca brioche salutiamo i gestori e ci incamminiamo verso il nostro obbiettivo di oggi dove passeremo la notte.

Il Rifugio Carrel un bivacco posto a 3830m sulla via italiana, lo raggiungiamo dopo una marcia di 4 ore, già la salita a questo bivacco non è da tutti perchè presenta un tratto verticale con delle corde fisse abbastanza faticose, si inizia a capire il terreno di gioco che dovremo affrontare il giorno seguente.

Verso l’una del pomeriggio entriamo ad accaparrarci i posti, leggendo varie relazioni abbiamo optato per arrivarci il prima possibile perchè essendo un posto strategico per affrontare la via è molto frequentato, ci rendiamo conto verso le 4 del pomeriggio la quantità di alpinisti , che anche loro con l’idea di sfruttare questi ultimi giorni di bel tempo, riempono in poco tempo il rifugio.

Ci rilassiamo all’esterno con una meravigliosa vista sulla parete e sull’infinito paesaggio intorno a noi, il sole non ci fa mancare qualche scottatura, facciamo amicizia con varie cordate, spagnoli, svizzeri, francesi, polacchi… Tutti felici ed emozionati di esser li a “soli” 700 m dal proprio sogno, si discute di tutto, gli spagnoli festeggiano con la sangria, i francesi con una bottiglia di champagne, poi ci mettiamo a parlare con un alpinista genovese vicino di branda che ci racconta che è la 7 volta che tenta il Cervino, è sempre stato respinto, che sia la volta buona?

Arriva il tramonto, ci godiamo gli ultimi raggi di sole mangiando una scatoletta di riso freddo e discutiamo il programma del giorno dopo.

Le guide all’interno del rifugio ci spiegano che loro attaccheranno alle 2.30 del mattino, su questa montagna vige la regola che le guide hanno la precedenza sugli altri alpinisti quindi o si parte prima o dopo di loro.

Senza discutere sulle direttive ricevute noi decidiamo di puntare la sveglia alle 3.30 così da poter attaccare alle 4, le cordate più lente decidono di partir a mezzanotte cosi da esser sicuri di aver tutto il giorno per salire, alle 8 di sera c’è ancora gente che arriva al rifugio ma essendo ormai stra pieno con gente che dorme per terra e sui tavoli decidono di proseguire e bivaccare in parete.

Dopo una nottata non troppo rilassante dati i numerosi rumori del russare e delle cordate partite nel cuore della notte viene anche la nostra ora, dopo un tè caldo e una barretta ci imbraghiamo e partiamo anche noi.

Poco sopra il rifugio troviamo la prima insidia della parete, la famosa “corda della Sveglia”, una corda di canapa che scende dalla parete strapiombante,subito ci si rende conto che non c’è nome più appropriato. Affrontiamo questa prima parte slegati superando numerose cordate che sentono le prime stanchezze dovute anche alla quota.

E’ ancora buio, l’aria frizzante ma il cielo è pieno di stelle, la giornata che speravamo tanto di trovare la stavamo vivendo, percorriamo la via su sfasciumi, con qualche placca delicata e passaggi molto aerei che cadono a picco sul versante svizzero. A un certo punto girando la testa la nostra pila frontale illumina una scritta incisa sulla roccia,il nome Carrel, proprio il primo salitore di questa linea nel lontano 1865.

Proseguiamo abbastanza spediti fino a raggiungere un altro posto caratteristico di questa via, il Pic Tyndall a quota 4241 m, dovremo aspettare qualche cordata davanti a noi perchè ci sono delle calate in corda doppia da fare, nel frattempo il cielo si fa più chiaro scattiamo qualche foto e ne approfittiamo per bere qualche sorso di tè.

Da qui in poi la scalata diventa più tecnica e faticosa, la cresta sempre più aerea, tratti di ghiaccio insidioso ci fanno rallentare il passo e decidiamo di legarci in cordata.

Ormai siamo carichi di adrenalina, sta andando tutto per il meglio, il paesaggio è fantastico e stiamo per realizzare il nostro sogno, le emozioni che passano in quei momenti sono indescrivibili,solo chi ha vissuto questi momenti può capire fino in fondo.

Siamo al Col Felicitè quando d’un tratto sbuca un elicottero sopra di noi che inizia a creare turbini di neve e ghiaccio tutto intorno, capiamo che dev’esser successo qualcosa, è l’elicottero dei soccorsi che si avvicina sempre di più alla parete, ci abbassiamo e mettiamo qualche friend in una fessura per non rischiare di volar via con lo spostamento d’aria, pazientiamo una ventina di minuti e poi l’elicottero prelevato l’alpinista se ne va.

Discesa esposta dalla cresta Hornli

Scopriamo poco dopo che si tratta di un’ alpinista tedesca che è caduta sulla Scala Jordan e si è rotta una gamba, siamo un po scossi dall’accaduto, questa montagna è molto famosa per i numerosi incidenti e morti che avvengono ogni anno.

Ripartiamo e poco dopo arriviamo anche noi ad affrontare forse una delle scale più famose nel mondo alpinistico, appunto la Scala Jordan, una scala di pioli di legno di una ventina di metri che permette agli alpinisti di salire più agevolmente un tratto strapiombante, la scala è ricoperta da uno strato di ghiaccio insidioso e non essendo completamente fissa alla parete regala un po di sensazione di instabilità a chi sale. Nervi saldi e piano piano superiamo anche questa, è l’ultima insidia prima della cima , ci aspetta una cresta affilata dove troviamo gli alpinisti della sera prima che non han potuto bivaccare all’interno, sono rilassati uno prepara il te e l’altro suona lo scacciapensieri, immaginiamo subito la loro emozione nel far una colazione baciati dal sole proprio sul Cervino.

Il famoso passaggio sulla Scala Jordan

Qualche passo e siamo finalmente alla croce di vetta! Siamo in cima dopo 3.30 di salita, il nostro sogno è realizzato, ci abbracciamo, ci stringiamo la mano e poi ci godiamo qualche minuto a contemplare il mondo come è piccolo e silenzioso da lassù.

Andrea e Pierrick sulla vetta del cervino

Subito ci vengono in mente le frasi dei libri lette in questi anni proprio delle avventure su questa montagna, sognamo un po’ e poi è ora di ripartire; già come tutte le salite finiscono solo quando si è affrontata anche la discesa, e poi dovevamo lasciare spazio alle altre cordate di poter sognare pure loro.

La cresta che ci aspetta è da tanti considerata infinita ed estenuante, subito ci rendiamo conto pure noi che è proprio cosi. Facciamo due doppie per scendere più veloci, troviamo molte cordate che salgono da quel versante, data la cresta affilata e i passaggi obbligati dobbiamo rallentare il passo, laggiù c’è Zermatt e la famigerata parete Nord salita in solitaria da Bonatti nel 1965,fa davvero paura è irta, piena di scariche e finisce con una distesa di seracchi e crepacci nel fondovalle.

Il tempo è ancora spettacolare, ci tocca fermarci più volte a metter la crema perchè il sole inizia a bruciare e a disidratarci, disarrampichiamo la parete infinita e dopo qualche ora siamo al Rifugio Solvay posto su un cucuzzolo a 4003 m, un piccolo bivacco di una decina di posti dove ci fermiamo per una breve sosta per il pranzo.

Riprendiamo l’infinita discesa e ad un certo punto vediamo salire di corsa con pantaloncini e scarpe da trail un ragazzo, subito siamo perplessi e ci facciamo molte domande, fin dove andrà? Non può affrontare la parete senza ramponi!

Scopriremo qualche settimana dopo il nostro ritorno che quel ragazzo si chiamava Andreas Steindl e che in una giornata di settembre fece il record di velocità lungo questa via stando sotto le 4 ore da Zermatt, solitamente un alpinista ci impiegherebbe non meno di 10 ore. Un fuoriclasse.

Arriviamo infine alla capanna Hornli alla base dell’omonima cresta, la nostra traversata era completata, il rifugio era pienissimo di turisti di tutte le parti del mondo essendo raggiungibile molto facilmente anche con gli impianti, da li si può godere una delle migliori viste al mondo credo, e lo sapevano bene anche i numerosi turisti giapponesi e koreani accorsi con il loro armamento fotografico per immortalare questa fantastica montagna.

La nostra giornata si conclude prendendo gli impianti che ci riporteranno in un’oretta a Cervinia dove ci gettiamo nelle acque gelide per rigenerarci,e da li a festeggiare al primo bar con una birra super meritata.

Il tempo, la cordata affiatata, e anche un po di fortuna ci han permesso di realizzare anche questo sogno“.


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