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Racconti sportivi: alla conquista di Rocca Castello

Report tecnico ed emozionale con foto di un'uscita in alta Val Maira a cura di Andrea Pierfederici

Alice Dell'Omo Scritto il
da Alice Dell'Omo

Il racconto che segue, a cura di Andrea Pierfederici, è un interessante report tecnico ed emozionale che narra e descrive la conquista di Rocca Castello (2452 m) il 15 febbraio scorso in alta Val Maira, attraverso lo Spigolo Maria Grazia e Via Balzola (D/D+ 240/260m).

Andrea Pierfederici si racconta così: “Amo vivere all’aria aperta e stare a contatto con la natura. Da sempre sono appassionato di montagna: fin da piccolo l’ho frequentata facendo semplici escursioni domenicali e trascorrendovi buona parte delle vacanze estive.

Da qualche anno mi sono affacciato al mondo della montagna vera e propria, quella che richiede un certo sacrificio, quella per cui devi alzarti quando è ancora buio, quella che ti fa fare ore di cammino, ma che in cambio ti regala emozioni uniche… quella che il rifugio è solo il punto di partenza e non di arrivo.

Timidamente ho iniziato, un po’ per gioco, a fare le prime ferrate, per passare poi in un secondo momento all’arrampicata sportiva nel finalese e finalmente scoprire le uscite alpine (estive) a quote più considerevoli, salendo vie normali con passi di III° / IV° e qualche via attrezzata sul V°.

Non scio, ma mi è già capitato qualche volta di utilizzare picca e ramponi per vie di misto, canaloni o vette innevate.

Principalmente mi muovo nella porzione di montagne che va dall’Appennino Ligure alle Alpi Cozie, ma solo perché impegni famigliari e lavorativi mi impediscono di dedicare più tempo alla mia passione”.

Rocca Castello (2452 m), Spigolo Maria Grazia e Via Balzola (D/D+ 240/260m)

“Ormai da alcune settimane si sta discutendo con un amico di Torino di organizzare un’uscita “invernale” sul calcare di Finale Ligure dove lui, per altro, non è mai stato. Non amando trascorrere lunghe giornate a fare monotiri, gli propongo una delle innumerevoli vie multi pitch che costellano queste pareti: di quelle non troppo impegnative, su cui si ci possa divertire e rispolverare un po’ di tecnica, sia di progressione, sia di manovra di corda.

Dopo vari scambi d’idee, individuiamo la meta, ci accordiamo sul giorno (il 15 febbraio scorso), sull’ora e sul luogo del ritrovo. Tutto è organizzato, tutto è perfetto. Un paio di giorni prima ricevo un messaggio da un altro amico, anche lui piemontese, il quale mi propone per il medesimo giorno, una via “in Castello”, in alta Val Maira.

Sono combattuto: se da una parte abbiamo già pianificato tutto, dall’altra mettere a paragone le falesie di Finale Ligure con le pareti della Rocca Castello, è follia: queste ultime vincerebbero, per i miei gusti e i miei progetti. Cosa fare?

In realtà non mi occorre pensarci molto, la montagna mi alletta oltre ogni dire, e quindi mi prodigo per convincere il mio amico a cambiare destinazione: in quattro e quattr’otto è fatta, confermiamo per la Val Maira. Tra l’altro, con l’amico di Torino, a fine stagione scorsa, avevamo ricevuto una cocente delusione proprio provando a scalare la Torre Castello; che sia un segno del destino tornarci insieme?

Si parte

Appuntamento per le 6.15 fuori dal casello autostradale di Sant’Albano (ideale punto di ritrovo, a metà strada per tutti e tre), facciamo il punto della situazione, carichiamo gli zaini e l’attrezzatura sulla mia auto e partiamo alla volta di Chiappera.

La strada è ancora lunga e soprattutto di lenta percorrenza; raggiungiamo il parcheggio quando si sono fatte quasi le 8.00 . Il termometro segna -4 °C, ma la cosa non ci spaventa; ci dividiamo l’attrezzatura e imbocchiamo la traccia che punta alla base della Rocca Provenzale, imponente monolito di quarzo svettante davanti ai nostri occhi. Di una bellezza ed un’eleganza uniche in questa parte delle Alpi.

Giunti ad un pianoro adibito a pascolo estivo e ora deserto, il sentiero si divide: noi prendiamo il tronco di destra che porta al colle Greguri. Poco prima di raggiungere quest’ultimo, pieghiamo a sinistra in direzione dell’evidente frattura che divide la Torre dalla Rocca Castello.

La prima parte della via

La poca neve ghiacciata e portante ci permette di raggiungere l’attacco in circa 1 ora e mezza. Qui, per non bagnare corde e scarpette, optiamo per risalire i primi 2/3 metri slegati, fino a raggiungere una comodissima cengetta dove poterci preparare: via gli indumenti superflui e su imbraghi, scarpette e “ferraglia”. Apre le danze Dani in qualità di propositore della gita e profondo conoscitore della zona.

Io e Ale ben ammanigliati

La parete esposta ad est è ormai completamente al sole, temperatura perfetta e cielo terso. La via è un susseguirsi di placche e diedri con difficoltà omogenee tra il IV° e il V° ri-attrezzata di recente con spit e soste “nuove di pacca”.

Dani in traverso al cospetto della Punta Figari (2345 m)

Qui e là troviamo e sfruttiamo ancora qualche vecchio chiodo arrugginito, ben piantato nelle fessure naturali della roccia. Nel nostro arsenale, abbiamo anche friends e nuts di varie dimensioni, ma scopriremo di averli portati solo per fargli prendere una boccata d’aria; in buona sostanza la via non richiede nessun tipo di integrazione, se non in un paio di punti, ma solo per fornire un supporto psicologico a chi sale da primo. Ancoraggi e prese sono esattamente dove servono, quasi come se la natura li avesse creati appositamente per far godere di questa magnifica via.

Sù per l’imponente diedro

Giunti al sesto tiro decidiamo di piegare leggermente a sinistra e salire l’imponente dietro della via “Balzola”, ancora completamente al sole.

Verso la cima

Direzione “Balzola”

L’ultimo tiro inizia con una serie di roccette frammentate e abbattute proprio alla base del castello sommitale: se non fosse per la fortissima esposizione verrebbe quasi naturale procedere in conserva (andamento di una o più persone che, in base al tipo di terreno, si legano insieme per mezzo di una corda che deve essere sempre gestita, ndr) per raggiungere l’ultima paretina. Questa si presenta assai divertente da salire, con alcuni movimenti tecnici e assolutamente non banali in una spaccatura poco a destra dello spigolo sinistro; al suo termine ecco la vetta con l’immancabile croce metallica.

Tanta è la felicità e la soddisfazione di essere giunti in cima, non tanto per la vetta in sé (già salita anni fa per la “Sigismondi”), ma soprattutto per la via appena scalata e l’ottima compagnia con cui si è portato a termine l’impresa.

Io in uscita prima dell’ultimo tiro, ormai ci siamo

Questo è anche il bello della montagna: i miei compagni li ho conosciuti recentemente in rete e con loro ho condiviso, per ora, solo pochissime esperienze alpine, ognuno di noi ha una vita e una storia a sé, totalmente differente da quella degli altri, ma al cospetto della montagna siamo tutti uguali: 3 minuscoli individui legati tra di loro da una corda e un’unica grande passione.

Il castello sommitale visto dalla penultima sosta

La discesa

Scattiamo qualche foto e reintegriamo le energie con un po’ di frutta secca, poi via ad attrezzare le corde doppie per scendere sul sentiero, anche perché il vento gelido ci dissuade da sostare oltre.

La vetta

Alla prima corda doppia abbiamo subito un problema di incastro corde. La parete ormai è andata in ombra e i gradi sono scesi drasticamente. Le operazioni di “discastro” ci rubano parecchio tempo e ci fanno prendere qualche rischio. Finalmente riusciamo a svincolare la corda e ad attrezzare il resto della discesa. Puntiamo il cengione della via normale, che attraversiamo sono in parte per andare ad intercettare un’ultima sosta che ci porterà a terra.

Da qui sempre su neve portante recuperiamo la traccia salita nel mattino che ci riconduce alla macchina.

La vicina Torre Castello (2448 m)

Con i due amici ci dividiamo la “ferraglia” e facciamo su gli zaini. Ormai sono le 18 passate e il sole è scomparso dietro le magnifiche vette che ci circondano. Avremmo voluto brindare per festeggiare l’impresa, ma l’ora è tarda e ognuno di noi ha ancora molta strada da fare per tornare a casa.

Rientriamo infine al punto di incontro iniziale, dove ci salutiamo dandoci appuntamento per una nuova avventura.

Splendida via e splendida giornata“.

Crediti foto: Andrea Pierfederici.

Veduta a Ovest verso il gruppo dello Chambeyron


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