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Racconto di una via: “Via Saturno di Heinz Grill ed Ivo Rabanser” sulla piramide Armani in Vallaccia

Un nostro nuovo tester, Andrè de Biasi, ci racconta la sua esperienza sulla Via Saturno di Heinz Grill ed Ivo Rabanser

Daria Bondavalli e outdoortest Scritto il
da Daria Bondavalli

Giugno 2021

Finalmente arriva la tanto agognata estate e le temperature iniziano ad alzarsi anche in quota; combinare con orari, impegni e meteo non è mai facile ma riesco ad accordarmi con il mio socio Tommaso per il sabato. Da tempo avevamo in mente una via sulla piramide Armani in Vallaccia: via Saturno di Heinz Grill ed Ivo Rabanser, era l’ideale dopo mesi di stop dalle vie lunghe e dalle scalate a vista. Lo stile di questa via è prettamente moderno con molte protezioni in loco e soprattutto gradi abbordabili, una linea molto bella e divertente ma mai banale su una roccia sempre ottima.

 

Via parete e tiro
Bivacco Zeni

 

Decidemmo il ritrovo in Agordo alle 6:00, da li ci aspettava ancora un’oretta di macchina per raggiungere Pozza di Fassa e il parcheggio. Tom arrivò con due panini al formaggio e prosciutto dicendomi di non aver fatto colazione, e coincidenza neanch’io. Mangiavamo mentre guidavamo e tra una battuta e l’altra arrivammo all’inizio della valle di San Nicolò dove lasciammo la macchina vicino al ristorante La Soldanella, e dopo un veloce controllo del materiale e distribuzione dei carichi partimmo.

L’emozione era tantissima e non vedevamo l’ora di mettere le mani sulla roccia e gustarci quelle placche che avevamo visto solo in foto. La giornata era bella ma nella notte sembrava avesse piovuto un po’, infatti, dopo una mezz’ora di cammino abbiamo trovato tracce di grandine, capimmo così che c’era stato un bel temporale. A quel punto iniziò a salire un po’ d’ansia temendo di aver fatto tutta quella strada invano.

 

Via parete e tiro
Parete Via Saturno di Heinz Grill ed Ivo Rabanser

 

Giunti al bivacco Zeni dopo un’ora e circa 700 metri di dislivello, ci rendemmo subito conto che la situazione della roccia non era proprio delle migliori ed iniziammo a pensare a qualche alternativa per non sprecare la giornata e soprattutto il lungo avvicinamento. Osservando la parete, però, ci eravamo auto convinti che non era poi così zuppa d’acqua, i primi quattro tiri presentavano qualche traccia di bagnato ma il resto sembrava bello asciutto.

Sapendo di poter contare su ottime soste e buone protezioni decidemmo di provare. Una volta arrivati sotto l’attacco facciamo “chi trova il sasso parte”, ovvero si tiene un sassolino in un pugno e l’altro compagno sceglie, se è fortunato da trovare il sasso parte per primo. È la mia giornata fortunata, tocca a me!

 

Via parete e tiro
Primo tiro

 

La prima metà del primo tiro consisteva nel superare un grosso zoccolo di neve risparmiandoci così circa venti metri, ne restavano altri venti di VI/+ divertenti se non fosse stato bagnato e quindi terrificante! Toccò a Tom il secondo tiro di VI+ con buchetti un po’ tecnico, probabilmente il peggiore della via dovuto all’abbondante quantità d’acqua sulla parete. Partito per il terzo tiro la testa mi fece un brutto scherzo, ero a una decina di metri dall’ultima protezione e mi sentii completamente in ansia, battiti alti, sensazione di panico, prese bagnate, compagno 30 metri sotto, solo in mezzo a tutto questo.

Dovevo tornare in me e proseguire. Un po’ per disperazione e per orgoglio riuscii a proseguire con un piede tremolante continuando a incoraggiarmi da solo e quando vendetti la sosta mi scesero quasi le lacrime dalla gioia. Recuperai Tom e dopo avergli raccontato questo piccolo incubo ci ridemmo su. Ora ero pronto, la shock-therapy funziona sempre! Iniziarono ad arrivare i primi raggi di sole e in lontananza sentimmo delle voci, un’altra cordata sotto di noi.

 

Via parete e tiro
Terzo tiro

 

Proseguimmo poi con il tiro del tetto che si evince superandolo elegantemente nel suo punto più debole.  Arrivammo quindi ad una buona cengia dove poterci riposare un po’ mangiando qualcosa. L’altra cordata stava per raggiungerci e decidemmo di aspettarli per farci superare, erano decisamente più veloci di noi ma insistettero per starci dietro, la giornata era bella e nessuno aveva fretta.

Continuammo la salita in totale relax, le difficoltà erano calate e ci alternavamo nei tiri, la roccia era super e anche la compagnia. Eravamo consapevoli che l’ultimo tiro era quello chiave ma non avevamo più paura, ormai ci eravamo temprati a dovere. Il sole e la stanchezza si facevano sentire, ma erano i piedi il vero problema, non ero più abituato ad indossare le scarpette per così tante ore, me ne feci una ragione e soffrii in silenzio, la voglia di arrivare in cima era molto più grande.

Eccoci finalmente all’ultimo tiro, una placca bellissima piena di buchi e buchetti, vale la pena arrivare fin qui solo per questi quaranta metri. Partii super entusiasta ma anche consapevole di non essere al 100% ed ero un po’ intimidito da questo VII+ che non so per quale motivo mi facesse così tanta paura essendo un grado che domino bene, probabilmente in quel momento tutto mi sembrava impossibile.

 

Via parete e tiro
Ultimo tiro

 

Ben presto mi dimenticai di tutte le mie paranoie ed entrai in quel mood che ogni scalatore va a cercare: mente sgombera da tutto, nessun pensiero, solo il vuoto e una concentrazione totale sul gesto, una sensazione di armonia perfetta fra tutto. Sembra quasi che il tempo si fermi per osservarti mentre tu ti senti così piccolo in un universo così grande. Uno spettacolo, l’adrenalina era alle stelle ma quando arrivai in sosta realizzai che tutto questo purtroppo era già finito.

Quando arrivò Tom ci congratulammo a vicenda per la nostra impresa al limite delle capacità umane oltre il VI grado superiore, imitando scherzosamente i vecchi racconti alpinistici del passato. Data la quantità abbondante di neve nel canale per la discesa preferimmo scendere lungo la via, aspettammo quindi che l’altra cordata arrivasse su per allestire le doppie. Da Est stavano arrivando delle nuvole molto minacciose, era meglio sbrigarsi perché l’idea di stare appesi sotto ad un temporale non ci entusiasmava.

Ci mancavano due calate quando sentimmo un gran boato non lontano da noi: un fulmine! Non tardarono ad arrivare le prime gocce di pioggia che si fecero sempre più persistenti. Attrezzammo l’ultima doppia, e per non farci mancare nulla un po’ di grandine non poteva che migliorare la situazione. Scesi alla base dello zoccolo di neve, di corsa facemmo su le corde e ci dirigemmo il più veloce possibile verso il bivacco.

In lontananza si vedeva l’altra cordata alle prese con l’ultima calata, fradici li aspettammo al ricovero. Rintanati allo Zeni ci raccontammo le più stravaganti storie alpinistiche e non solo, peccato non aver avuto una buona bottiglia da accompagnare al tutto. Dopo un’ora e mezza smise di piovere e a malincuore partimmo per il rientro verso casa.

Che dire una piccola avventura da portare nel cuore, partita con una fredda mattina per poi passare al rischio d’insolazione e finita con fulmini e grandine, una roccia mozzafiato soprattutto negli ultimi tiri e un bel mix di emozioni. Abbiamo preso il pacchetto completo Vallaccia!


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