Mattia Cardello, aspirante tester di outdoortest.it, ha raccontato una sua escursione a Punta del Villano. Condividiamo con voi questa recensione emozionante e intensa.
Punta del Villano come non la avevo mai vista
18 agosto 2020, prima della partenza
“La punta del Villano (2663 m s.l.m.) è situata in Valle di Susa, all’interno del Parco Naturale Orsiera-Rocciavrè ed è l’obiettivo dell’escursione di oggi.
Per rendere l’allenamento più impegnativo ho scelto come punto di partenza Villar Focchiardo, un piccolo paese situato a 450 m s.l.m..
Nei giorni scorsi non mi sono risparmiato e sento ancora un po’ sulle gambe gli 85 km con 3200 m D+ di mountain bike dell’altro ieri. Tuttavia oggi le condizioni sono perfette per tentare questa ascesa.
Per quanto mi riguarda gli allenamenti organizzati su due piedi spesso si rivelano i più soddisfacenti, così, eccitato dall’idea di tale avventura, comincio a preparare lo zaino.

Lo zaino
Infilo nel mio Raidlight Trail XP2 la lampada frontale Petzl Actik Core, una Crunchy Protein Bar al mio gusto preferito e un Carbo Gel (entrambi della Named Sport), una maglietta di ricambio, il telo termico e la Magic Jacket della Camp, giusto per ripararsi dal vento in quota. Ultime ma non meno importanti due flask da 500 ml contenenti acqua e Hydrafit Named Sport, indispensabili per reidratarsi in queste giornate di caldo intenso e stare più lontani dal rischio di crampi. Aggiungendo allo zaino due portaborraccia OMM Go Pod ho sostituito alla sacca idrica le più pratiche flask, che possono essere facilmente riempite tenendo lo zaino in spalla, così si evita di perdere secondi preziosi, in particolare in gara; si elimina inoltre il fastidioso tubo della sacca che sbatte contro il petto ad ogni passo.
Si parte!
Sono quasi le 18, ed è giunto il momento di partire; il sole è ancora alto e c’è molta umidità, quindi se uniamo questi due elementi alle gambe indolenzite è chiaro che i primi km non saranno poi tanto piacevoli. Il rodaggio iniziale e il graduale aumento di quota rendono la situazione migliore; alla corsa è stata sostituita la camminata veloce con i bastoncini, così da ridurre un po’ la fatica per le gambe e avere più possibilità di terminare il giro. Dopo circa 8 km di ripida salita finalmente un po’ di piano lascia riprendere fiato prima di arrivare alla Certosa di Monte Benedetto. Da qui è possibile proseguire in più direzioni.

Le varianti
Ad inizio agosto ho provato a conquistare la vetta passando per il Rifugio CAI Geat Val Gravio, da cui per un ripido sentiero sono giunto all’Alpe Aciano; passando per cresta e tentando la via che ritenevo più diretta, mi sono trovato di fronte ad uno strapiombo impossibile da attraversare senza attrezzatura da arrampicata. Poco prima dell’Alpe Aciano è possibile deviare su un piccolo sentiero a destra e raggiungere il Colle Aciano, dov’è presente un casotto di sorveglianza dei guardaparco ed il sentiero che arriva alla Porta del Villano, da dove viene attaccata la cresta Sud-Ovest che porta finalmente alla croce di vetta. Quel giorno sarei potuto tornare indietro per intraprendere l’itinerario che passa dal Colle Aciano, ma erano le 19 passate e i crampi ai polpacci mi avevano già bloccato più volte nel tratto prima della cresta strapiombante, così ho deciso di battere in ritirata.

La conquista di Punta del Villano
Ad ogni modo la mia prima conquista del Villano non l’ho fatta passando per l’Aciano, in quanto raggiunta la Certosa ho seguito il sentiero in direzione Alpe Mustione, per poi continuare lungo la via poco praticata (le piante hanno ridotto la larghezza del passaggio) che porta al Piano delle Cavalle. A questo punto, dato che adoro il ravanage e i pendii percorsi quasi solo dagli animali, ho abbandonato il sentiero e sono salito dritto per i prati guardando in direzione della vetta. Ormai mi trovo in un terreno selvaggio e poco battuto, gruppi di camosci e qualche stambecco mi fanno compagnia nel raggiungimento della Porta del Villano. Ora è il momento della parte più tecnica, la cresta Sud-Ovest, che percorsa nella sua interezza presenta un passaggio di IV grado UIAA. Per quanto io adori salire su ogni roccia che mi capiti davanti, l’altezza da cui malauguratamente potrei cadere mi fa rabbrividire. Il senso di paura scompare in un attimo, lasciando il posto alla concentrazione; calibrando bene i miei passi comincio a salire. Gli ostacoli che richiederebbero l’utilizzo di materiale da arrampicata possono essere aggirati, così un trail runner con un po’ di esperienza su terreni tecnici può con qualche semplice passaggio in cui sono presenti buoni appigli raggiungere la croce di vetta. Sono presenti anche tracce di animali, e come dice un vecchio guardaparco di mia conoscenza: “Dove passano gli stambecchi possiamo passare anche noi”. Tre metri sotto la croce decido di cambiare la maglietta bagnata e mettere la giacca, poi poso i bastoncini e salgo. Con le ultime luci del giorno scatto una foto a ricordo di questa impresa; avevo sempre osservato questa bellissima punta da casa senza mai arrivarci, ora mi sono tolto una bella soddisfazione. Il vento soffia forte, ma il freddo non mi tocca e resto una decina di minuti ad ammirare lo spettacolo che mi appare davanti. Tutte le cime nei dintorni sono alla mia altezza, il cielo di colore azzurro-rosso è macchiato da qualche nuvola; questo quadro non può essere colto dalla fotocamera del cellulare, ma resterà per molto tempo impresso nella mia memoria. Ora è però giunto il momento di scendere!

Il rientro
Percorrere la cresta al contrario non è stata una passeggiata, in quanto a tratti era necessario scendere in arrampicata; è quasi buio e vedere gli appoggi non è semplice. Non ho acceso la frontale per evitare che gli occhi si abituassero subito alla luce, inoltre le ombre degli appigli mi avrebbero potuto giocare brutti scherzi. Arrivato alla Porta del Villano cerco la frontale nello zaino, ma dov’è la maglietta che avevo prima? Vado nel panico, niente, non c’è. Probabilmente quando mi sono cambiato l’ho lasciata sotto la croce, anche se sono convinto di averla messa a posto… per quanto tenessi a quella maglia tornare a cercarla sarebbe troppo pericoloso. Controllo nuovamente nello zaino, che per quanto sia piccolo è riuscito in qualche maniera a celarmi la presenza dell’indumento ricercato… che sollievo, ora posso rientrare più sereno! Metto la frontale e scendo per una strada diversa rispetto a quella di salita; questo renderà il giro più lungo ma più interessante, inoltre alla fine uscirà un anello molto bello. Mi dirigo sul versante del Rifugio Toesca, prestando attenzione a non perdere il sentiero; la stanchezza si fa sentire, ma ora ho un bel po’ di discesa che farò molto tranquillamente per recuperare. Il silenzio è spezzato solo dai campanacci delle vacche che si spostano sul pascolo spaventate dal mio passaggio; mi godo questi momenti di serenità per non pensare ai circa 15 km che ancora devo fare. Raggiungo il Toesca, poi scendo ancora verso il Rifugio Amprimo e in circa 30’ sono sulla strada asfaltata. Da qui percorro i restanti km di discesa che mi separano dall’arrivo, raggiunto con le ultime energie rimaste. Sono devastato, ma la soddisfazione di essere riuscito in questa impresa annulla ogni fatica. Se durante la salita a tratti mi sono detto: “Chi me lo ha fatto fare?”, ora penso solo: “Quale sarà la prossima avventura?”.

Nota della redazione
Sconsigliamo a neofiti di avventurarsi senza adeguate informazioni e suggeriamo a tutti di usare in montagna sempre il buon senso: la sicurezza deve essere sempre al primo posto.

Bio di Mattia Cardello
“Mi chiamo Cardello Mattia, ho 25 anni e una laurea in Produzioni e Gestione degli Animali in Allevamento e Selvatici. Vivo in Piemonte, in Valle di Susa (TO). Pratico da 6 anni il trail running, sport nel quale ho raggiunto alcuni buoni piazzamenti in gare locali; ho partecipato più volte al vertical K3, facente parte del Vertical World Circuit. Da tre anni pratico inoltre la mountain bike, che nella zona in cui vivo regala grandi soddisfazioni. I trekking, anche di due-tre giorni, fanno parte del mio bagaglio; da qualche mese mi sono avvicinato al mondo dell’arrampicata su roccia”.