Prime farfalle gialle, primi giri sui pedali, prime gite di skialp in maniche corte e puntuale come ogni anno quando si sente aria di primavera si finisce sempre di parlare di quanto era figo quel pezzo di Firn sciato nel weekend. Già, perché se le cose vanno come devono andare a marzo c’è il giro di boa e si inizia a parlare di skialp primaverile. Lo dice anche il proverbio “marzo è pazzerello”, non ci si può fidare, un giorno possono esserci 20°C all’ombra e il giorno seguente nevicare. Ecco perché non si deve abbassare la guardia nonostante le belle giornate di sole.
In questo articolo vedremo quali sono le principali tipologie di valanghe primaverili e quali condizioni ne favoriscono il distacco, inoltre vedremo quali altri pericoli nasconde questa bella stagione.
Le valanghe in primavera
Sebbene le stagioni in alta montagna possono essere non così ben definite come alle quote in cui viviamo abitualmente, il freddo sopra i 2000 metri rimane una componente importante tutto l’anno, le temperature e l’irraggiamento solare primaverili determinano non pochi cambiamenti al manto nevoso. Ci saremo accorti che i nostri “grassi” sci sentono la mancanza della powder. Il manto nevoso si sta preparando a fornire acqua per i pascoli e rinvigorire i torrenti, ma nel frattempo non ci resta che sciare su questo manto trasformato, ma è davvero sicuro come appare?
Marzo come dicevo è il giro di boa, in relazione all’apporto di neve invernale spesso ci si ritrova a salire su lingue di neve circondate da crocus, man mano che si conquista quota la primavera sparisce e lascia spazio all’inverno. L’effetto “primavera” sulla percezione del rischio spesso gioca a sfavore, in particolare quando ci si ritrova con poca neve, si rischia di cadere in alcune trappole banali:
1. Si sottovaluta il grado di pericolo spesso 1 e 2.
2. Si ipotizza il manto nevoso ugualmente trasformato e ben consolidato ovunque
3. Si cercano lingue di neve per poter sciare, spesso rimangono canaloni e zone fredde dove si possono nascondere strati deboli non ancora trasformati.
4. Non sempre si ha voglia della levataccia così il consiglio più noto ereditato da quelli della old school viene baipassato.
Premettendo che non c’è stagionalità per nessuna tipologia di valanga soprattutto se consideriamo le quote elevate dei ghiacciai, in questo periodo di transizione dobbiamo aspettarci in particolare valanghe a debole coesione, per scivolamento, fino alle temute valanghe a lastrone specie nelle aree più interessate dal vento durante l’inverno (possiamo accantonare solo quelle nubiformi possibili, ma meno tipiche in primavera).
In questa stagione i processi che concorrono a migliorare la stabilità sono anche artefici dei distacchi stessi. Tendenzialmente dobbiamo prestare attenzione letteralmente a quando la situazione inizia ad essere troppo calda, in particolare quando le temperature sono sopra le medie stagionali, cioè quando ci sono ondate di caldo come l’ultimo anticiclone africano che a metà febbraio ha provocato disagi in diverse località delle Alpi e Appennini.
Quando la temperatura dell’aria è positiva, si innesca nel manto nevoso il processo di fusione, la neve raggiunge la temperatura soglia di 0°C e l’acqua liquida inizia a lubrificare i vari strati concorrendo a trasformare lungo la stagione primaverile tutto il profilo del manto nevoso. Questa dinamica determina non pochi problemi. Uno dei segnali di pericolo principali è proprio la neve in condizioni di forte umidità, questa può favorire non solo le tipiche valanghe a pera e quelle di scivolamento, ma anche quelle a lastrone, diminuendo la coesione fra strati diversi o fra suolo e neve. Ecco perché in questa stagione si deve prestare molta attenzione alle zone con ampi pendii specie se presenti lastroni di roccia o erba non pascolata, gli steli lunghi già di per sé sono causa di criticità, se si aggiunge l’effetto lubrificante dall’acqua è probabile uno scivolamento a valle di porzioni più o meno estese del manto. In queste condizioni non servono particolari pendenze per favorire il distacco, quando la neve è fradicia, la valanga può staccarsi anche da pendii poco ripidi (pendenza < 15°).
Sul bollettino valanghe vengono sempre indicate le esposizioni critiche in relazione alle condizioni nivo meteorologiche, ma come riferimento, tenendo presente che serve più come punto di partenza per eventuali ragionamenti piuttosto che punto d’arrivo per una decisione, possiamo dire che durante lo skialp invernale sono da prediligere i pendii caldi (esposizioni da Est a Ovest) e viceversa in primavera, con tutte le eccezioni, che quando si parla di valanghe sembrano superare le regole. L’orario in primavera si può dire essere la regola principale da rispettare, la discesa deve iniziare prima delle ore centrali proprio a causa delle temperature dell’aria che possono innescare la fusione anche a quote elevate, inoltre anche l’irraggiamento solare è da considerare, specie se nel programma c’è del ripido; in primavera il sole è più alto e i raggi sono più efficaci nel trasferire l’energia su pendenze comprese fra 40° – 55° (da NEVE, compendio di nivologia di R. Cresta).
Quel che rimane dell’inverno
In primavera molti problemi a livello valanghivo sono dati dai residui dell’inverno. Sebbene da adesso in avanti ci sentiamo rassicurati dallo strato superficiale del manto consolidato e trasformato, dobbiamo tenere presente che talvolta sotto di esso ci sono altri strati che oltre a dare le solite discontinuità con annessi problemi, specie nei versanti freddi permangono più a lungo strati deboli come brina di profondità, brina di superficie sepolta o spessi strati di cristalli sfaccettati. Questi possono essere sollecitati al nostro passaggio quando lo strato superficiale lascia trasmettere la nostra forza. Ecco perché essere troppo prematuri su certi itinerari per apparenti ottime condizioni possa essere una vera e propria trappola.
Non esistono solo le valanghe
La trasformazione del manto verso un profilo più sicuro comporta degli inconvenienti che durante l’inverno sono meno frequenti. I continui cicli di fusione e rigelo rendono alcuni pendii estremamente duri a tal punto che si devono adottare tecniche per la salita che rendono giustizia al termine alpinismo. Ad un certo punto le pelli annaspano e la presa scarseggia, a quel punto per continuare la salita con gli sci sono indispensabili i rampant, un rampone specifico per essere alloggiato al puntale dei nostri attacchi da skialp, questo funziona come un classico rampone da alpinismo, ma sugli sci. Siccome in primavera iniziano anche le classiche di ripido, a volte la pendenza è tale che vincola la progressione con picca e ramponi classici e sci a zaino. Quando l’itinerario si fa impegnativo partire da casa con una corda iperstatica è un buon modo per togliersi da eventuali inconvenienti, e soprattutto in questa stagione il casco risulta più utile che mai!
Lastroni duri che sfiorano a volte il ghiaccio vivo, crosta non portante che ti attanaglia le code degli sci mettendo a dura prova i nostri legamenti, massi che vengono liberati dalla fusione diurna, e le alte temperature fanno della primavera una stagione movimentata, dopo tutto è la stagione del risveglio, quindi occhi aperti!