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Dino Lanzaretti, cicloviaggiatore estremo, si racconta

Martina Tremolada intervista Dino Lanzaretti sui suoi 85.000 km percorsi in bici

Alice Dell'Omo Scritto il
da Alice Dell'Omo

Articolo a cura di Martina Tremolada

I crediti di tutte le foto sono di Dino Lanzaretti

Dino Lanzaretti, classe 1977, quando non è in giro per il mondo è ai piedi di una splendida valle in provincia di Vicenza. Ha percorso 85.000 km in bici, visitato 68 paesi e non ha nessuna intenzione di fermarsi: si definisce “uno che nella vita ha pedalato tanto, ma non abbastanza”.

“A causa di avvenimenti ancora da definire mi sono trasformato da impiegato a “cicloviaggiatore estremo” unicamente per seguire la mia irrefrenabile curiosità”.

Gli abbiamo rivolto qualche domanda per provare a guardare il mondo con i suoi occhi.

Buona lettura, ma attenzione: il suo entusiasmo è contagioso.

@DinoLanzaretti

Partiamo dalle origini: quando hai cominciato a viaggiare e perché?

“Avevo poco più di 20 anni, lavoravo in ufficio e a un certo punto hanno costruito un cimitero proprio dall’altro lato della strada. Ho capito che quella scrivania non poteva essere il mio posto quando dalla finestra continuavo a vedere i funerali. Ho cominciato a pensare: “Se un giorno devo andare di là, meglio che faccia un sacco di esperienze da qui a quel momento”. La cosa più bella da fare ho pensato fosse conoscere il mondo e in piena crisi adolescenziale ho fatto un biglietto e sono partito. Era il 2001”.

Sei andato in Messico?

“Si, ero un fricchettone: zaino in spalla, due soldi messi via per sbaglio e via. Il primo giorno in cui sono arrivato in Messico mi sono successe più cose rispetto ai precedenti 5 anni della mia vita. Lì non ho avuto più dubbi, mi sono detto “È questa la vita che voglio fare”.
Ho cominciato a lavorare per fare quella vita lì: passavo le estati nei rifugi in montagna per avere gli inverni liberi e andare in giro 7/8 mesi all’anno.
Dopo qualche viaggio ho conosciuto una ragazza israeliana che andava in bici. Da lì mi si è accesa una lampadina. Mi sono fatto regalare una bici da 50€ e ho detto “La bici ci sta, mi piace!””.

Dino Lanzaretti
Primo viaggio in bici @DinoLanzaretti

Hai fatto molti viaggi da solo, come mai questa scelta?

“Viaggiare da soli è molto più facile. Solitamente si viaggia per idolatrare la libertà e l’essere da solo è proprio quello: non ti devi chiedere cosa vuoi fare, il viaggio fa da sé. Tu cadi nel migliore dei flow (flusso, uno stato di coscienza in cui la persona è completamente immersa in un’attività, ndr) perché è la cosa più naturale.
Mi è capitato di viaggiare in due e mi mancava essere da solo perché in due ti basti. Se sei in compagnia di qualcuno non vedi il mondo, ne vedi solo una parte e ti porti dietro il tuo mondo perché la persona che è con te probabilmente è dello stesso tuo posto.
Quando vai in un ristorante, se sei da solo conosci anche il cuoco; se sei in due mangi, chiacchieri e ti precludi delle possibilità. Siamo esseri umani, viaggiare da soli attira la curiosità delle persone e ospitare una persona è più facile che ospitarne due quindi ricevi anche più inviti, passaggi e aiuti da chi incontri casualmente per strada. Quando sei da solo è tutto più naturale e poi devi badare solo a te stesso”.

A proposito di badare a sé o ad altri: nel 2010 sei andato con un ragazzo ipovedente fino all’Uzbekistan, partendo dall’Italia. Cosa vuol dire prendersi cura in viaggio di una persona disabile?

“Il mio compagno di viaggio ed io siamo partiti in tandem e abbiamo capito strada facendo che l’avventura sarebbe stata più difficile di quanto pensassimo.
Avevo inventato, immaginato e pensato quel percorso in solitaria. Siamo partiti insieme ed entrambi abbiamo dovuto rinunciare alla nostra idea di viaggio. Ci siamo venuti incontro, adesso siamo ottimi amici. Con il passare del tempo siamo maturati e abbiamo capito che quel viaggio vale molto di più di quello che pensavamo potesse valere mentre pedalavamo”.

Verso l’Uzbekistan @DinoLanzaretti

Ora sei un “cicloviaggiatore estremo”: sei stato in Siberia nel 2017 e nel 2022. Entrambe le volte hai pedalato i luoghi più freddi del pianeta in inverno. Quali sono le differenze tra i due viaggi?

“La prima volta ero totalmente incosciente e ho attraversato il polo del freddo (da Magadan a Yakutsk). Sono stato nella parte più fredda del mondo in un periodo di un viaggio che è durato quasi un anno (perché Dino dalla Russia è tornato a casa, in Veneto, in bici. Ndr.).
Il secondo viaggio, invece, si è svolto dal primo all’ultimo colpo di pedale dentro al polo del freddo (Ojmjakon a Verchojansk). Avevo tutt’altra logistica e settaggio mentale. Sono andato via con un atleta (Stefano Gregoretti, ndr): eravamo preparati e mangiavamo come degli atleti. Abbiamo fatto qualcosa di complesso ed estremo, ma eravamo pronti e avevamo il materiale migliore sulla faccia della terra.
Al primo giro mangiavo quello che trovavo e speravo che arrivasse l’alba senza morire congelato, al secondo sapevamo cosa fare e l’abbiamo fatto nel modo migliore”.

Dino Lanzaretti
Paesaggio siberiano @DinoLanzaretti

Una delle differenze, quindi, riguarda i materiali che avevi con te nei viaggi siberiani. In generale, visto che hai pedalato in molti posti molto diversi gli uni dagli altri, quanto è importante avere i materiali giusti per il tipo di viaggio che si affronta?

“L’ho capito dopo la prima decina di viaggi. All’inizio prendevo quello che avevo, non avevo un soldo, sapevo che comprare una bici da due mila euro significava averne due mila in meno per viaggiare. In quel momento per me l’importante era andare e non davo troppe attenzioni all’equipaggiamento. Tantissime cose me le sono fatte prestare, altre le ho comprate ai mercatini. Non sapevo nemmeno cosa fossero i materiali: il GoreTex sapevo che era molto costoso, ma non conoscevo il suo scopo.
Poi con il tempo mi sono trovato in posti particolari, ho capito che non potevo andare in Nepal con il maglione di lana perché se piove non serve a nulla. Strada facendo ho imparato ad usare i materiali: dopo i primi anni la bici è diventata più leggera, avevo attrezzature più costose però ero pronto a qualsiasi clima.
In viaggio è fondamentale avere i materiali giusti: una strada che faresti sacramentando, può diventare un sogno. Ad esempio se fori 40 volte perché hai risparmiato 50 euro, vale la pena fare l’investimento e prendere il copertone più costoso. Bisogna studiare, farsi consigliare, vedere come viaggiano gli altri. Ognuno ha il suo modo di viaggiare, ma ci sono dei materiali che sono dei “must””.

Dino Lanzaretti
Attraversando il Tibet @Dino Lanzaretti

Tornando ai tuoi viaggi estremi, sei stato l’ultimo ad attraversare il Tibet quando non si poteva già più, nel 2008. Hai dovuto attraversare i check point di notte. Ripeteresti il viaggio alle stesse condizioni?

“L’età e l’incoscienza del tempo ora non le ho più e se razionalmente penso a cosa posso andare incontro, per esempio marcire in un carcere cinese, ecco magari ci penso un attimo.
Al tempo sapevo che la detenzione era un rischio basso perché non c’erano direttive imposte ai soldati che presidiavano il territorio su come comportarsi con gli stranieri.
Sono stato l’ultimo perché quando sono arrivato a Laasa ci sono stati degli scontri tra i monaci tibetani e i cinesi. In quell’occasione sono state sancite delle regole ferree in cui si è stabilito che gli stranieri non dovevano in nessun modo avere la possibilità di vedere ciò che stava succedendo. So che tanta gente ci ha provato, ma ora non si entra più.
Io passavo di notte, c’erano due o tre militari che dormivano. Adesso i confini sono pattugliati 24/7 e magari ti scaricano qualche colpo di fucile nella schiena perché stai entrando nella Cina di ora. Quando sono andato io la Cina non era la potenza che è adesso”.

Non solo Asia, hai attraversato anche l’Africa nel 2014. Come mai hai scelto di pedalare la parte orientale e qual è la popolazione che ti ha colpito di più?

“Era un viaggio che volevo fare con la fidanzata del tempo. Volevamo andare in Africa e abbiamo scelto la parte meno complicata. Non sapevo nulla di Africa, avevo sempre viaggiato con “l’effetto wow in tasca”: quando sei in Sud America dici wow ad ogni curva. Invece l’Africa ha delle parti che non cambiano mai per tantissimi chilometri. Vedi che passa il tempo perché cresce l’erba nella savana, ma non hai “l’effetto wow” di quando vedi sempre cose nuove. Ci vuole un pochino di tempo per capire che non vedrai paesaggi diversi, i monumenti non ci sono, la storia non è né scritta né umanamente plasmata nell’ambiente. Quando, però, capisci che il valore dell’Africa è nelle persone non vai più in cerca del monumento, della cascata o del parco naturale, ma vai lì per stare con le persone. Quando entri in quel mood non esiste un altro viaggio uguale, è il posto più sicuro del mondo.
Nonostante ci abbiano rubato tutto, è comunque uno dei posti più tranquilli in cui ti senti accudito. Non c’è quello che vuole fregarti come in Sud America dove devi avere mille occhi. L’Africa è un continente che ha dei confini perché sono stati fatti con il righello, ma dall’inizio alla fine mangi lo stesso cibo. Cambiano le tribù perché le capanne sono fatte in modo diverso e parlano dialetti differenti, ma le persone sono ugualmente le più accoglienti dall’inizio alla fine. Poi arrivi in Sud Africa dove sono arrivati prima i bianchi e non è più la stessa cosa. Andare in Africa nera sembra come essere dietro l’angolo di casa”.

Campeggio libero in Africa @DinoLanzaretti

Parlavi di America, nel 2011 hai pedalato dall’Argentina al Venezuela e nel 2013 da Panama al Canada. Il Sud America è il posto più pericoloso in assoluto?

“Nel Centro America la violenza è una variante. In Asia – per esempio – non è così, lì non capita di essere al ristorante e ritrovarsi l’ubriaco di turno che butta un machete sul tavolo.
In Centro e Sud America la gente convive con la violenza. Mi ricordo che stavamo in stazioni di servizio, caserme di carabinieri o di pompieri perché ci dicevano di stare da loro. Magari non vedi il criminale con l’arma per strada, ma percepisci tantissimo l’insicurezza. Devi avere mille occhi: è un viaggio particolare.
Nel 2013 viaggiavo con un’altra morosa e le persone del posto mi dicevano: “Dalle i tuoi vestiti e disegnale i baffi altrimenti qui ammazzano te per violentare lei”. Se viaggi in un contesto mentale del genere, lo scopo del viaggio diventa stare al sicuro. Prendevamo alcune strade alla fine delle quali ci veniva chiesto se fossimo stati rapiti e quando rispondevamo di no, i locali, sorpresi, replicavano: “Siete i primi a non esserlo”.
In Centro America, specialmente in Honduras ed El Salvador, bisogna avere le spalle larghe”.

Riflessi sudamericani @DinoLanzaretti

Non solo bici, hai anche un passato da alpinista…

Si, vivevo nei rifugi lavorando in cucina con guide alpine e si parlava di arrampicare su pareti incredibili. All’inizio pensavo, finita la stagione, di andare a scalare una montagna qua e una là. Le spedizioni alpinistiche di un certo tipo, però, costano una fucilata. Inoltre mi mancava il contatto umano: al campo base ci sono alpinisti che arrivano da tanti posti diversi, ma sono tutti occidentali, appartengono tutti al tuo sistema. Passavo più tempo con gli sherpa o con le guide delle Ande. Non era il mio mondo, per di più non ero forte né su ghiaccio, né a sciare.
La bici viene incontro ad ogni mancanza”.

Esperienza alpinistica @DinoLanzaretti

C’è una vetta in particolare che ti è rimasta nel cuore?

“Ne ho fatte alcune in giro, ma mi piacciono di più le attraversate. Quando ho affrontato lo Hielo Continental in Patagonia sono stato tre settimane in spedizione in mezzo al nulla, non avevo ancora il gps quindi mi orientavo con le cime delle montagne. Se c’era il giorno con la nebbia e non si vedeva il Cerro Torre era un problema, le bussole non erano affidabili.
Le cime dietro casa, però, sono le più belle di tutte per me. Quando torno dai viaggi e tiro fuori la bici dallo scatolone vado sempre sulla montagna dietro casa mia, altrimenti non posso dire che il viaggio sia finito. Salendo verso la croce mi vengono in mente altri viaggi. Giusto la settimana scorsa sono tornato lassù”.

Quindi c’è già qualche altro viaggio a cui stai pensando?

“Dovevo tornare in Siberia, ma ora non si può. Mi occupo dei miei viaggi in cui porto la gente in giro, poi magari rimango in Sud America tra un gruppo e l’altro e mi fermo un paio di mesi. Credo andrò a fare qualche single track. Con le bici di una volta quei percorsi non li facevi, ora con la bici adatta e il giusto assetto posso pedalare su percorsi più remoti.

Ci stiamo quasi liberando del Covid, la voglia di esplorare è alle stelle e puoi tornare a proporre i tuoi viaggi. Cosa diresti a chi vuole venire con te?

Se non hai tempo per occuparti di tutti gli aspetti del viaggio, vieni con me che ci penso io. Bado alla logistica e alla sicurezza. Una volta scesi dall’aereo basta rimontare la bici e pedalare.
Andiamo nei posti più belli in assoluto. Facciamo decantare le pianure infinite. Il mondo è bellissimo, ma ci sono delle aree che sono incredibili dopo ogni colpo di pedale. Con i miei viaggi andiamo in quelle zone: dopo ogni pedalata si fatica a credere dove ci si trova. Andiamo in posti intensi, dove tutto è già stato testato e si viaggia in autonomia – ognuno deve avere borse, tenda e materiali propri, deve sapere cosa vuol dire pedalare a bici carica. È riservato a persone che sognano di andare in certi posti, però hanno un tempo limitato e faticano ad organizzare. Nei miei viaggi è già tutto testato, sappiamo dove c’è l’acqua e dove rivolgerci in caso di problemi.
Nell’ultimo periodo ho pensato anche a dei viaggi più semplici in Italia o alle Canarie per chi vuole cominciare a viaggiare in bici con il cambio di pochissimi giorni. Per alcuni itinerari ho organizzato anche il trasporto bagagli così da poter pedalare a bici scarica e mangiare la cena cucinata dal cuoco la sera”.

Dino Lanzaretti
Viaggi organizzati @DinoLanzaretti

Cosa diresti, invece, a chi vuole cominciare a viaggiare in bici?

“Parti, prendi i due stracci che hai e vai. Non aver paura se le tue ambizioni ti sembrano irraggiungibili perché magari ci metterai un po’ di tempo in più di quello che ti sei prefissato, ma ci arrivi.
La bici ti dà la possibilità di andare ovunque, ma prenditi del tempo. Non puoi pianificare un viaggio in Patagonia di due settimane, se succede qualcosa e un giorno non arrivi alla meta è un disastro. Trova un mese libero se vuoi andare in Patagonia, pensa ad un viaggio da mille chilometri così avrai tutto il tempo per percorrere la strada e per stare con le persone.
Non contano i chilometri percorsi, ma il tempo che hai per compierli. Ci vogliono tempo e voglia di partire”.

@DinoLanzaretti

Si possono trovare tutte le info sui viaggi passati e futuri sul sito https://dinolanzaretti.it/ e si può seguire Dino sulla sua pagina ig https://www.instagram.com/dinolanzaretti/ .


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