“Siamo riusciti a salire il Pico Sur, la cima dell’Illimani, 6.438 metri!”. È questo il primo messaggio inviatoci da Riccardo Stacchini, rientrato l’altro ieri alla missione di Peñas insieme ai suoi compagni di spedizione Massimo De Paoli, Davide Morini e la Guida peruviana Miguel Martinez. Il gruppo ha trascorso 5 giorni sulla montagna boliviana: ecco la prima parte del racconto della loro salita.
Gli alpinisti sono andati in vetta dalla via normale che sale direttamente alla cima Sud, la “cima vera”, vale a dire la più alta delle tre che compongono il massiccio dell’Illimani. A causa della tanta neve nei tratti facili e della presenza di ghiaccio ventato sul verticale, hanno infatti deciso di rinunciato al progetto originale, vale a dire la salita della cresta Ovest alla cima Nord e la traversata alla cima Centrale e alla Sud.
Dopo essere rientrati a Peñas per una notte, attualmente il gruppo è di nuovo in movimento, in viaggio verso altri magnifici luoghi della Bolivia, alla scoperta di un Paese affascinante quanto sterminato e dalla natura imponente. Prima del rientro in Italia, previsto per il 7 agosto, visiteranno il Salar de Uyuni, la più grande distesa salata al mondo, e poi faranno tappa a Potosì per visitare la miniera d’argento dove gli spagnoli estraevano e coniavano moneta.
Ma prima di seguirli in questa seconda parte del loro viaggio, leggiamo cosa è successo nei 5 giorni sull’Illimani. Ecco la prima parte del racconto inviatoci da Riccardo Stacchini, testatore di Outdoortest e nostri occhi sul campo.
25 luglio 2018.
“Ripartiamo dalla missione di Peñas con un pulmino 4×4, il percorso per raggiungere il campo base del gruppo dell’Illimani sarà tortuoso. Passiamo però per La Paz per noleggiare una tenda cucina, 2 ciaspole e benzina bianca per il fornello. Ci sono tanti negozi che affittano attrezzatura da montagna, ma qui le ciaspole sono introvabili: in estate è stagione delle piogge, nevica in quota ma nessuno va in montagna. In inverno è stagione secca, non nevica, la gente non sa neppure cosa siano le valanghe. Significativo il fatto che nei corsi guide alpine, fino a due anni fa, non era contemplata la ricerca in valanga: artva/pala/sonda erano pressoché sconosciute!
Un’ora dopo aver lasciato La Paz inizia lo sterrato. Da La Paz vedevamo chiaramente sopra il formicaio di abitazioni la sagoma imponente dell’illimani. Sagoma che si avvicina, scompare e ricompare attraversando le tante valli che ci dividono da Puente Roto, campo base a 4.400 m.
La quota limite degli alberi è sui 4000 m (che differenza rispetto alle nostre Alpi…). Sono radi e quasi tutti eucalipti, importati dall’Australia, che con le loro profonde radici hanno preso il sopravvento sulle altre specie ipotecando il nutrimento e l’acqua dal sottosuolo (come già notato nel 2014 in Perù nella Cordillera Blanca).
Qui l’acqua bolle a 85 gradi: salendo di quota bollirà a meno gradi, peggio per potabilizzare l’acqua, i batteri non muoiono sotto i 100 gradi, e la pasta ci mette più tempo per cuocere. È per questo motivo che serve un buon fornello, meglio se alimentato da benzina bianca in quanto la fiamma ha maggiore resa.
Il posto in cui ci accampiamo è stupendo, assomiglia ad un altopiano appenninico: cavalli liberi al pascolo con l’aggiunta di lama, alpaca e i ghiacciai dell’Illimani che ci osservano dall’alto. Domattina incontreremo i nostri portatori che abitano qui nei dintorni, per salire insieme al Campo Alto del Nido de Condores.”
Riccardo Stacchini